Paolo Bertoletti nel 1993 aveva 28 anni, e da una decina d’anni lavorava come pompiere, dopo aver lasciato un lavoro fisso nel settore degli hotel di lusso. Aveva trascorso la giornata del 27 luglio con l’amico Stefano Picerno, prima di entrare in servizio per il turno notturno.
“Faceva caldo e siamo andati a mangiare un gelato – racconta – siamo andati a trovare mio padre che gestiva una stazione di servizio in piazzale Velasquez e ci siamo fermati a ridere e scherzare con lui. Poi, attorno alle 18, siamo passati al Comando provinciale in via Messina per incontrare alcuni colleghi. Di sera Stefano è entrato in turno al Distaccamento di via Benedetto Marcello, io invece ero in servizio all’aeroporto di Linate”. L’ultimo incontro con uno dei Vigili del fuoco che, quella notte, sono morti a causa dell’esplosione dell’autobomba in via Palestro. “
Da Linate abbiamo visto un bagliore – ricorda Bertoletti – e all’inizio pensavamo fossero fuochi d’artificio. Poi abbiamo acceso la televisione, abbiamo sintonizzato il nostro canale radio, e ci è crollato il mondo addosso. Picerno era un amico, da lui avevo imparato a guidare i mezzi. Conoscevo anche Sergio Pasotto, quel giorno era il suo compleanno. Il giorno dopo sono andato all’obitorio, e ho visto i loro cadaveri. Quella strage ha segnato una generazione di pompieri, resterà sempre nella nostra memoria”.
Bertoletti per trent’anni ha lavorato come Vigile del fuoco, anche come pilota di elicotteri, raggiungendo la qualifica di responsabile del Reparto volo dell’aeroporto di Malpensa. E’ stato anche premiato dall’Associazione Carlo La Catena, fondata dai genitori di uno dei pompieri uccisi, per il salvataggio di una persona caduta nelle acque del fiume Adda. Ora, in pensione, presta servizio come volontario per la Croce Rossa.
Un suo collega che intervenne dopo la strage, Angelo Re, ha scritto una lunga e toccante memoria. Quella sera Angelo era in servizio al Comando di via Messina e stava rientrando dopo un intervento. Via radio arrivò la comunicazione con il centralino di Stefano Picerno: “Vediamo dei fili all’interno del bagagliaio della macchina...”. Poi, dopo pochi minuti, le urla: “Correte, è scoppiata”. La squadra è stata quindi subito dirottata verso il Pac, per un primo intervento dopo l’esplosione.
Angelo Re ricorda le “fiamme altissime” davanti al Pac, e la vista di “colleghi distesi a terra”, il primo tentativo di rianimarli e la constatazione del decesso. “Noi rimaniamo lì, con il nostro collega – scrive Angelo Re – gli chiudiamo gli occhi e gli togliamo dalla testa l’elmetto appoggiandoglielo sul suo cuore e, solo in quel momento, ci accorgiamo che nella parte posteriore c’era un grande foro. Poi con un telo lo copriamo mandandogli un ultimo bacio”. Alle 4 del mattino “le fiamme continuavano ancora a uscire dalla voragine” e “solo alle 6,15 l’azienda del metano riesce a bloccare il flusso di gas”. Infine il ritorno a casa, il lungo abbraccio con la moglie. Il ricordo di “cinque angeli, vittime di una strage mafiosa volta a ricattare lo Stato”.