MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Strage di via Palestro, la nipote di Driss Moussafir: “Non doveva morire così, su quella panchina”

Lo zio di Jamila Chabki era seduto a fumare quando la bomba esplose: “Si era trasferito da Casablanca in cerca di un futuro migliore, sognava di cambiare vita”

Driss Moussafir (a destra) e le persone che dopo la strage posano fuori sulla panchina dove è morto

Driss Moussafir (a destra) e le persone che dopo la strage posano fuori sulla panchina dove è morto

"Faceva molto caldo quella sera e mio zio era uscito per cercare un po' di fresco nel verde. Si era messo su una panchina a fumare e a rilassarsi. Nel posto sbagliato al momento sbagliato: lo abbiamo perso per sempre". Jamila Chabki è nipote di Driss Moussafir, ucciso il 27 luglio 1993 da un pezzo di lamiera che lo colpì in pieno dopo l'esplosione della bomba in via Palestro. Aveva 44 anni. "Per me era come un padre".

Da quanto tempo suo zio era a Milano?

"Da una ventina d'anni. Lavorava come ambulante nei mercati. Si era trasferito da Casablanca in cerca di un futuro migliore, sognava di cambiare vita. Un nostro amico italiano lo aveva aiutato a trovare lavoro in Italia. Io e i miei quattro fratelli gli eravamo molto affezionati perché siamo rimasti orfani da ragazzi e lui, che era fratello di nostra madre, era un punto di riferimento".

Che cosa sa dell'ultima sera di suo zio?

"Abitava in via Lazzaretto. I ragazzi che vivevano con lui mi hanno raccontato che quella sera era uscito verso le 22: voleva stare fuori perché in casa c'era un gran caldo. Degli amici lo hanno visto passare davanti al bar vicino casa e lo hanno salutato. Poi si è rinfrescato mettendo la testa sotto l'acqua di una fontanella, ha raggiunto "quella" panchina e si è messo a fumare una sigaretta. Poi il boato. Quando si sono accorti che mio zio era ferito, i soccorritori lo hanno rianimato nel parco e caricato in ambulanza. Ma era già in arresto cardiaco e non c'è stato niente da fare, è morto nel tragitto verso l'ospedale".

Voi familiari quando l'avete saputo?

"Dopo una settimana. Eravamo a Casablanca, ci ha avvisato il nostro Consolato. Io avevo 30 anni. Il dolore non è mai passato: ogni volta che arriva l'anniversario provo una tristezza immensa, è ancora una realtà oscura che mi angoscia. Quella bomba ha fatto troppi danni, ha causato troppo dolore. L'Italia è un Paese meraviglioso ma è rovinata dalla mafia: finirà mai? Io confido nella gioventù, in un cambiamento radicale. Mio zio aveva un gran cuore, era buono e molto bello. Non doveva morire e non doveva morire così. Io mi sono trasferita a Milano l'anno dopo, cercando di cambiare vita a mia volta. Come lui avrebbe voluto".

Sarà a Milano per la ricorrenza dell'anniversario?

"Spero tanto di poterci essere, per questioni personali ora sono a Casablanca e non sono sicura di riuscirci. Ma la sua salma è qui in Marocco e sicuramente io e gli altri parenti andremo a trovarlo".