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Da sinistra: Pierangela Tadini, Ida Milanesi e Giuseppina Pirri
Offanengo (Cremona), 26 febbraio 2025 – Sette anni di processo da quel 25 gennaio 2018 in cui, alle 6.57 del mattino, il regionale 10452 Cremona-Milano Porta Garibaldi, deragliò a Pioltello, provocando tre vittime (Ida Milanesi, Alessandra Giuseppina Pirri e Pierangela Tadini), il ferimento di altre cento persone e più di 6 milioni di euro di danni. E ieri, oltre quattro ore di camera di consiglio, prima di un pronuncia di assoluzione per quasi tutti gli imputati: tutti i manager assolti, perché, in sintesi, non ci sono prove di condotte commissive o omissive in relazione al giunto rotto, causa del disastro, né prove dell’informazione sulla scarsa manutenzione. Unico condannato il “capo dei manutentori” di quella tratta ferroviaria.
Per i giudici la sua colpa è stata aver "sottovalutato il rischio, a lui noto, di rottura del giunto ammalorato del binario”, cioè la causa dell’incidente. I giudici hanno quindi ritenuto responsabile dei reati di disastro ferroviario colposo, omicidio, lesioni colpose, solo Marco Albanesi, all’epoca responsabile dell’unità di Brescia di Rfi. Albanesi è stato condannato a 5 anni e 3 mesi, con le attenuanti generiche e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. I pm avevano chiesto per lui 6 anni e 10 mesi. Tutti gli altri sette imputati sono stati assolti dalle accuse di disastro ferroviario colposo e omicidio e lesioni colpose con formula piena "per non aver commesso il fatto”.
Le richieste disattese
Si tratta di Maurizio Gentile, l’ex ad di Rfi, e dell’ex direttore di produzione, Umberto Lebruto, ora ad di Fs Sistemi Urbani, per i quali i pm avevano chiesto 8 anni e 4 mesi. Assolto anche Vincenzo Macello, ex direttore territoriale della Lombardia e ora vice dg di Rfi, per il quale la Procura aveva chiesto 7 anni e 10 mesi. Assolto pure Andrea Guerini, ex responsabile delle Linee Sud della Dtp di Milano, per il quale i pm avevano chiesto 6 anni e 10 mesi. Per gli altri tre imputati erano stati gli stessi pm che avevano chiesto le assoluzioni: si tratta di Moreno Bucciantini, ex capo reparto Programmazione e controllo, di Ivo Rebai, all’epoca a capo della Struttura operativa ingegneria della Dtp di Milano, e di Marco Gallini, ex dirigente della struttura organizzativa diagnostica. Per Rfi, imputata in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, era stata proposta una sanzione pecuniaria di 900mila euro. Anche la società è stata assolta.

Le reazioni dei famigliari delle vittime
Per i famigliari delle vittime la sentenza di primo grado è stata uno choc. Signora, ha saputo della sentenza? “No, per favore, non mi dica nulla. In questi momento non voglio sapere nulla”. La voce stanca e provata che arriva da un’abitazione di Offanengo, nel Cremasco, è quella di Laura Trio, la madre di Alessandra Giuseppina Pirri, impiegata di 38 anni, la più giovane delle tre vittime della sciagura di Pioltello. Signora com’è la sua vita di tutti i giorni, a distanza di sette anni? “Ricordare è dolore e io ricordo tutti i giorni. A causa di questo dolore mi sono ammalata di leucemia”. Cosa prova pensando a come le è strappata sua figlia, a quelli che possono essere i responsabili? “Nulla. Non provo odio. Non voglio sapere nulla. Troppo dolore”.
"Ho smesso di vivere"
Non pensa che conoscere la sentenza, sapere come si è concluso il processo, potrebbe essere un sollievo? “No, non me ne importa nulla di sapere. Abbiamo un avvocato, ci penserà lui. Io sono malata. Ho 69 anni e combatto tutti i giorni con il dolore per la mia povera figlia persa e con la sofferenza di questa malattia”. Non riesce a trovare la forza per reagire? “Non auguro a nessuno di provare quel che sto provando io da sette anni a questa parte, anni passati senza un minimo di serenità”. Niente, in tutti questi anni, è riuscito a ridarle un po’ di serenità? “La mia vita è spezzata. Ho un’unica consolazione, la mia nipotina Cloe, di tre anni. Gli unici sorrisi sono per lei e nascono da lei. Della sentenza non voglio sapere nulla. Quello che hanno deciso non mi riguarda. Non voglio sapere niente”. Una vita spezzata come da uno spartiacque. Una vita ferma alla mattina di quel 25 gennaio 2018. E l’ultimo dialogo con Alessandra, forse un regalo, forse un incubo. La voce terrorizzata della figlia dal cellulare: “Mamma, il treno è fuori dai binari, ho paura”. Laura che le risponde con le prime frasi che le vengono in mente: “Scappa, nasconditi”. L’incubo di una madre che sente la figlia morire.

“Avevamo altre aspettative"
“Sinceramente ho poco da dire. Se non che sono dispiaciuta per quello che è successo oggi (ieri, ndr)”. Valentina Tagliaferri è la figlia di Ida Maddalena Milanesi, di Caravaggio, neurologa esperta in radioterapia dell’istituto “Carlo Besta” di Milano, morta a 61 anni. Come centinaia di pendolari, era salita sul treno regionale Trenord 10452 partito da Cremona con destinazione Milano Porta Garibaldi. Dal 2020 Valentina è medico come sua madre, è stata impegnata in prima linea in un Covid hotel, si sta specializzando in chirurgia. “In questo momento non ho molto da dire. Sono un po’ sconvolta. Sono successe cose per cui questo processo non è andato bene. Le aspettative erano diverse”. Ma ci sarà un processo d’appello, dottoressa Tagliaferri. “Dopo sette anni ...”. È il suo congedo: poche parole intrise di amarezza e delusione.
L’esame all'università
Quel giorno Valentina Tagliaferri doveva sostenere un esame importante a cui anche sua mamma teneva molto. La vigilia era stata una giornata di studio con un amico. La sera, a cena, la mamma li aveva interrogati a lungo. La mattina dopo, fra un orale e l’altro, Valentina aveva trovato sul cellulare numerose chiamate di amici che le chiedevano se la madre si trovasse su quel treno. Anche il padre non ne sapeva nulla. Erano iniziate ore infinite. Verso l’una del pomeriggio il padre aveva saputo ed era andato a prendere la figlia in università.