Simona Ballatore
Cronaca

Tornare all’università, a Milano più adulti tra i banchi: c’è chi cerca una svolta e chi lo fa per vocazione

Alla Statale sono quasi 1.400 gli studenti con cinquant’anni o più. In Bicocca prediligono le aree umanistiche e sociali, ma la scienza attira Iscritti anche per Ingegneria e Medicina. E gli atenei si attrezzano

Studenti universitari

Milano –  C’è chi si riscrive all’università per riscoprire la passione che si aveva a vent’anni ma che era stata messa nel cassetto; c’è chi torna a studiare perché nel mondo del lavoro che cambia così in fretta vuole riposizionarsi, avanzare nella carriera o voltare completamente pagina. E c’è chi lo fa squisitamente per il desiderio stesso di studiare, conoscere. Fatto sta che negli atenei milanesi gli studenti over 50 sono in aumento.

Nel più popoloso, la Statale, si conta anche il maggior numero di matricole che hanno dai 50 anni in su. E la crescita è stata costante: sono 1.379 quest’anno, ovvero il 2,23% degli iscritti, erano 1.168 cinque anni fa (1,83%) e 827 nel 2014/15 (1,32%). In Bicocca erano 242 cinque anni fa, sono 337 quest’anno; qui ad attirare di più sono i corsi di laurea in area sociale (186) e umanistica (84) ma ad aumentare significativamente rispetto al passato sono gli iscritti ai corsi scientifici (sono 84, erano 21 cinque anni fa).

C’è chi si affaccia anche nelle facoltà sanitarie: sono 7 in Bicocca, 58 all’università San Raffaele (26 nei corsi pre-laurea e 32 nei corsi post laurea, la quota maggiore è di cinquantenni, ma ci sono anche sette studenti sessantenni e un settantenne). All’Humanitas uno studente over 50 si è iscritto al corso di Med-Tec (medicina più ingegneria, svolto in collaborazione con il Politecnico) e due frequentano la magistrale di Infermieristica.

Al Politecnico di Milano si iscrivono in media 150 over 50 all’anno (dato stabile dal 2018 a oggi). In Cattolica sono 205 tra tutte le sedi - tra 45mila studenti circa - e 161 frequentano le aule di Largo Gemelli. Alla Iulm gli studenti nati nel 1974 o prima sono 25, tra loro 13 sono iscritti a un master (erano in tutto 19 nel 2019/20).

«Storicamente , e fino a una ventina d’anni fa, la possibilità di rientrare in formazione in età adulta e adulta avanzata era legata all’idea della seconda chance, a istanze di giustizia sociale ed equità – spiega Andrea Galimberti, ricercatore di Pedagogia generale e sociale all’Università di Milano-Bicocca –: spesso chi non poteva permettersi gli studi e non aveva avuto una carriera lineare si riscriveva per riguadagnarsi una possibilità. Nella storia dell’educazione degli adulti negli anni Settanta, la formazione era considerata un momento emancipativo dell’adulto, che prendeva le distanze da un sistema educativo che fino a prima era basato sul mantenimento dello status quo e che non era accessibile a tutti".

Oggi si torna sui banchi per le motivazioni più varie, "per ritrovare la vocazione che si aveva a vent’anni, perché si perde lavoro o si decidere di cambiare settore, per avanzare di carriera, per riagganciare un desiderio rimasto lì, per rimettersi in gioco quando si spalancano possibilità di vita: dopo avere cresciuto i figli, dopo una separazione. Ho intercettato tante storie così", ricorda Galimberti che nei suoi studi si è spesso occupato di formazione degli adulti.

Tra gli studenti “non tradizionali“ per età anagrafica, molti scelgono l’area sociale e umanistica, da Psicologia a Lettere, da Filosofia a Scienze della formazione "e in questo caso spesso si intercettano aspetti ’esistenziali’ che risuonano a un certo punto della vita: “Mi voglio capire“, “Voglio aiutare gli altri“". "Crescono anche gli iscritti nelle materie scientifiche, storicamente intraprese da chi aveva carriere più lineari – conferma il ricercatore –, la mia ipotesi è che la sensibilità su temi come il cambiamento climatico porti molti in questa direzione, per approfondire argomenti più diffusi conquistando anche un titolo". Il tutto rientra in un quadro, quello della formazione continua, per la quale anche gli atenei si stanno attrezzando.

"Le università – conclude Galimberti – dovrebbero trasformarsi sempre più in agenzie che non abbiano in mente solo carriere lineari ma che rispondano anche alle esigenze degli adulti, che a un certo punto decidono di approfondire conoscenze o acquisire competenze".