NICOLA PALMA
Cronaca

Violenza sessuale in piazza Napoli: così è stato incastrato il violentatore

Stupro di gruppo del 3 luglio, arrestato dai carabinieri il quarantasettenne egiziano Khaled Mina Ghaly: era il terzo aggressore

I carabinieri sul luogo dell'aggressione

"Saranno state le 23.45 del 30 luglio quando io e H. lo abbiamo visto che passeggiava in Giambellino, angolo via Bellini. Lo abbiamo subito riconosciuto e lo abbiamo seguito: è salito sul bus della linea 91 alla fermata di piazza Napoli, in direzione di piazzale Lotto. Siamo saliti anche noi su quell’autobus. In verità, non siamo riusciti a salire alla fermata di piazza Napoli insieme a lui, ma abbiamo rincorso il mezzo riuscendo, grazie al traffico di quell’ora, a superarlo e a salire alla successiva fermata di piazza Bolivar. Siamo rimasti sull’autobus con lui fino alla fermata successiva a piazzale Lotto, quando l’uomo è sceso e noi con lui. In quella circostanza, scendevano dal bus anche tre ragazze che si sono sedute sulla panchina della fermata. Abbiamo visto che l’uomo si è avvicinato alle ragazze e ha cominciato a girare intorno, ma loro non lo consideravano".

È la testimonianza-chiave che ha permesso ai carabinieri di inchiodare il terzo uomo di piazza Napoli, accusato di aver preso parte allo stupro di gruppo di una quarantunenne brasiliana avvenuto il 3 luglio scorso: lunedì è finito in manette il quarantasettenne egiziano Mina Asham Khaled Ghaly, regolare e incensurato, residente alla Barona e di professione panettiere. A riconoscerlo e "pedinarlo" sono stati due suoi connazionali, che proprio la notte del raid erano stati allontanati in malo modo dall’uomo ("Fatevi i fatti vostri") quando si erano accorti che lui e altri due stavano trascinando la donna dietro una siepe per abusare di lei. E sono stati sempre loro, il 4 agosto, a chiedere a un amico commerciante, a sua volta sentito dopo i fatti, di contattare gli investigatori dell’Arma per segnalare la presenza in via Giambellino di quella persona con i capelli bianchi e il marsupio nero; a quel punto, i militari del Nucleo operativo della Compagnia Magenta, coordinati dal capitano Giovanni Sarnacchiaro e dal pm Maurizio Ascione, avevano simulato un controllo casuale per identificarlo e fotosegnalarlo (pur avendo il permesso di soggiorno valido, in quel momento era sprovvisto di documenti di identità), così da avere un’immagine recente per i riconoscimenti facciali. Dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Massimo Baraldo su richiesta del pm Elisa Calanducci, emerge il contributo decisivo dei tre per identificare Ghaly, che quella notte si allontanò da piazza Napoli prima dell’arrivo dei carabinieri (allertati da una telefonata al 112 di una signora passata di lì in bicicletta), che riuscirono a bloccare in flagrante il quarantaduenne guineano Tidiane Amadou Th Barry e il ventiduenne egiziano Ahmed Shaeban (nel frattempo già mandati a processo con rito immediato). L’analisi delle immagini registrate dalle telecamere hanno permesso agli inquirenti di ricostruire che il quarantasettenne è salito sul filobus 91 alle 2.54 e ci ha dormito (come cristallizzato dai filmati degli occhi elettronici interni che l’hanno ripreso in maniera nitida) fino alle 6.31, quando è sceso alla fermata di viale Molise angolo via Cadibona.

Per il giudice, l’egiziano "ha fornito un contributo determinante ai fini della consumazione del reato, in quanto dapprima ha trascinato la ragazza verso la zona appartata e poi ha allontanato i suoi connazionali che erano intervenuti per aiutarla dicendo loro di “farsi i fatti loro”, in sostanza di non voler essere disturbato, ostacolato o interrotto in quell’attività illecita che stava compiendo". Di più: il gip ha parlato di "reato maturato in un contesto di degrado, con disprezzo di valori basilari di pacifica convivenza e rispetto dei soggetti deboli", senza scrupoli da parte dei presunti aggressori a trasformare in "oggetto di piacere" una donna "palesemente ubriaca e con problemi psichici". Una donna che ha provato in tutti i modi a opporsi a quel blitz violento e che ha faticato tanto a ricordare anche solo un minimo dettaglio di quanto le è accaduto: "Ho parlato anche con qualcuna di queste persone – ha messo a verbale 18 giorni dopo in audizione protetta – ma non ricordo con chi e non ricordo neanche i loro volti. Mi ricordo solo dopo, quando ero all’ospedale, che avevo i vestiti sporchi. Avevo anche dei lividi sulle braccia. Ho un vuoto totale".