
Uno scorcio del carcere di Opera
Milano, 20 febbraio 2015 - Nessun segno di pentimento. E tiene a farlo sapere sulla sua bacheca Facebook, del tutto pubblica: non è necessario aver stretto la virtuale amicizia per poterla consultare. Torna sul luogo del “delitto“, l’agente della polizia penitenziaria. Proprio su un’altra pagina Facebook, quella dell’«Alleanza sindacale della polizia penitenziaria», aveva postato il commento dello scandalo: «Consiglio di mettere a disposizione più corde e sapone...». Un consiglio rivolto a chi come lui lavora in carcere. Così aveva voluto commentare la notizia del suicidio del detenuto rumeno Ioan Gabriel Barbuta, 40 anni, condannato all’ergastolo nel 2013 per un omicidio commesso sei anni prima e infine impiccatosi in cella ad Opera solo venerdì sera.
Un commento che, insieme ad un’altra ventina dello stesso tenore, ha provocato, nell’ordine, l’apertura di un’indagine interna da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap), un incontro tra il capo dello stesso Dipartimento, Santi Consolo, e il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, la trasmissione di un rapporto in Procura e, ieri, la sospensione dei 16 poliziotti penitenziari individuati come gli autori dei post apparsi sul web. Scrive, l’agente in questione, qualche ora prima che le sospensioni fossero ratificate. Ma poco importa la consecutio temporum, poco sarebbe cambiato a giudicare dal tenore del nuovo post. Si spiega, l’agente, certo. Ma, soprattutto, rilancia. «Nel caso mi stiate controllando dopo i commenti al vetriolo sul mostro (già, il mostro ndr) che si è impiccato in carcere, ho un messaggio per voi...»: questo l’incipit.
«Non sono diverso da tante altre persone, lavoro, mangio e penso quanto sia duro far funzionare le cose, ogni giorno e ogni notte dormo con un occhio aperto perché non mi sento al sicuro, mia moglie dice che ho fatto una cazzata...». Ecco, allora, il rilancio, intriso di un risentimento che va oltre la vita all’interno del carcere. Ce l’ha con tutti, l’agente. «No, cari miei, non ho fatto nessuna stupidaggine! Chi lotta per il proprio Paese dovrebbe essere cento volte più forte, sono sorpreso che non ci siamo ancora organizzati in migliaia per andare a inforcare tutti i cialtroni che con arroganza e cupidigia campano alle nostre spalle e ci riempiono la vita di spese!». Quindi il monito: «State attenti! Io non sono un sintomo di disagio, sono uno di quei pericolosissimi uomini che non vogliono subire! Forse qui intorno ce ne sono altri». Infine, il post scriptum: «Invece di perdere tempo con me, tenete d’occhio quelli che si muovono invisibili al di sopra delle regole, non usano il telefono, hanno auto con targhe straniere o rubate e in questo momento girano anche intorno a casa vostra...». Un riferimento, questo, proprio alla vicenda di Barbuta: secondo quanto emerse dall’inchiesta, il rumeno uccise perché sorpreso mentre tentava di rubare l’auto di quella che sarebbe poi diventata la sua vittima, l’agricoltore padovano Guerrino Bissacco.
giambattista.anastasio@ilgiorno.net