
Nel monastero di via Marcantonio Colonna oggi vivono otto suore come alle origini
MILANO – “Contro la mentalità della precarietà, che è molto diffusa, noi restiamo nella nostra scelta: è controcorrente per la società di oggi. Quel che cambia ogni giorno però è il nostro cuore, che si alimenta nella preghiera”: suor Maria Beatrice ha scelto la vita di clausura a 23 anni, dopo la laurea in Matematica, oggi ne ha 41. “Mi ero iscritta all’università perché mi è sempre piaciuta questa materia, pensavo mi avrebbe aperto diverse strade e mi sarebbe piaciuto insegnare – racconta –. Ho finito tutti gli esami, ho scritto la tesi, ma intanto cominciavo a informarmi su questo tipo di vita “particolare”. La lettura della storia di Santa Teresa di Gesù Bambino è stata determinante. Non è semplice, prima di scegliere la clausura serve una riflessione vera. Ma ho capito che quella era la mia vocazione. La mia famiglia mi ha supportato nella scelta, lasciandomi libera fino alla fine. Non tutte sono state così fortunate”.

Suor Margherita ha fatto più fatica a fare accettare ai suoi genitori la clausura. “Avevo 21 anni, lavoravo come impiegata, abitavo a Milano Sud – ricorda –. Ero già stata in questo monastero a 15 anni, ma non avevo subito l’idea della “separazione dal mondo”. Prima ero certa che avrei fatto la missionaria. Quando ho comunicato l’intenzione di entrare in monastero non riuscivano a capirmi, anche perché ero sempre in compagnia di amici, pensavano non facesse per me. Se sono qui però è anche grazie a loro, che alla fine sono riusciti ad accogliere la mia decisione”. In origine, cent’anni fa, erano in otto tra queste mura.

La storia delle suore di clausura di via Marcantonio Colonna ha inizio il 30 settembre 1925 con la posa della prima pietra per la costruzione del monastero e della chiesa dedicata a Santa Teresa del Bambino Gesù. La vita di comunità all’interno del monastero cominciò il 16 settembre 1929 e il 3 ottobre il cardinale Idelfonso Schuster, nella ricorrenza della festa di Santa Teresa, ne impose la clausura. Un secolo dopo, sono sempre otto le monache carmelitane che vivono a pochi passi dall’ex area industriale del Portello. La più giovane ha 41 anni, la più grande ne ha 87 anni. Ciascuna ha la sua storia alle spalle e il suo compito in monastero: c’è chi cucina, chi si occupa dell’accoglienza, chi cura l’orto e i conti. Un tempo, tra i lavori con cui si sostenevano, c’era pure la battitura delle tesi con la macchina da scrivere.

“Negli anni della fioritura delle vocazioni, il nostro monastero ha accolto anche venti suore, tante facevano fatica a entrare. Era stato fondato per questo un nuovo monastero”, spiegano suor Margherita e suor Maria Beatrice. Adesso quella “fila” non c’è più. “Ma questa crisi delle vocazioni, se ci pensiamo bene, coinvolge tutte le attività – sottolineano –. Pensiamo anche alla crisi della vocazione nella scuola: non è facile trovare insegnanti. O alle crisi delle famiglie, con il calo demografico”.
Ogni epoca ha i suoi cambiamenti. Ma loro hanno scelto di non farsi travolgere: “Ci alziamo al mattino alle 6: Lodi, orazione, Santa Messa e ora Terza; segue la colazione e l’inizio dei lavori. Dopo pranzo e cena ci incontriamo per la ricreazione. Passiamo dal lavoro al silenzio. Quanto è importante il silenzio, anche in città! Non siamo fuori dal mondo, siamo qui per tutti”.