Nicola Palma
Cronaca

Taison, Boss e la banda dei ladri in camper

Quattro furti in una notte, poi l’inseguimento: "Lanciavano cassette e attrezzi in strada". Il rifugio in via Bonfadini e il blitz al Saini

Milano, 17 luglio 2020 - "Mi pento di tutto quello che ho fatto. Quel giorno avevo bevuto molto e avevo assunto stupefacenti". "Ammetto il fatto, ma ero ubriaco, non capivo cosa stavo facendo". "Sono molto pentito: eravamo drogati e ubriachi". Frasi fotocopia messe a verbale durante gli interrogatori di garanzia dai sei nomadi fermati per la serie di furti avvenuti la sera del primo luglio.

Frasi che sembrano studiate a tavolino per raccontare la stessa versione dei fatti, quasi a voler sminuire la nottata di razzie tra Nova Milanese, Seveso e Cesano Maderno (quattro colpi tra le 21.15 e le 22.38), condita da una pericolosissima fuga a tutta velocità, tra speronamenti e blitz finale nel campo di via Bonfadini 38. I sei bosniaci, equamente distribuiti tra Halilovic (Aleks, Demal e Toni) e Sulejmanovic (Boss, Taison e Ramson alias “Marfin“), sono stati ammanettati nei giorni scorsi a valle di un’indagine-lampo dei carabinieri della Compagnia di Vimercate: i sospettati sono stati bloccati in due aree della città in cui sostavano abitualmente coi loro camper, tra il parcheggio del centro sportivo Saini di via Corelli e la zona attorno all’Ortomercato; i provvedimenti sono già stati convalidati dal gip Sofia Fioretta, che per tutti gli indagati ha disposto la custodia cautelare in carcere. La vicenda inizia nel tardo pomeriggio del primo luglio, quando i militari, che già stanno monitorando la banda di nomadi perché "verosimilmente dediti alla consumazione di furti in ditta con il metodo delle spaccate", notano movimenti strani davanti al Saini. Movimenti complicati da monitorare senza essere scoperti dalle donne del gruppo, che fanno da vedette e custodi delle roulotte.

Prima di salire sul Fiat Doblò che poi verrà utilizzato per gli assalti, Ramson Sulejmanovic strappa una maglietta bianca e se la annoda al ginocchio destro a mo’ di benda (stranezza successivamente ripresa dalle telecamere). Anche gli altri si cambiano, indossando felpe a maniche lunghe e pantaloni pesanti che mal si conciliano col caldo estivo; lo fanno perché alcuni di loro, in particolare Demal Halilovic e l’unico minorenne della gang, hanno tatuaggi sulle gambe. Pronti per la partenza: si muovono il Doblò (seguito dagli investigatori con un Gps e con uno straccio sulla targa) e un’Alfa Romeo 166. Alle 21.15, la prima tappa alla Ombar di Nova: i malviventi sfondano la porta del capannone con un muletto e rubano tre computer. Alle 21.40 tocca alla Inco Costruzioni di Seveso, depredata di motoseghe, decespugliatori, smeragliatrici e pinze. Mezz’ora dopo, riecco il Doblò a Cesano, dove vengono prese di mira prima la ditta Cizeta (via cassette da lavoro con seghetti, levigatori e trapani) e poi la Rastellino Crearredi (bottino di avvitatori, livelle laser e aspirapolvere). Gli immediati sopralluoghi delle forze dell’ordine danno la scontata conferma: quelle aziende sono state appena “visitate“ dalla gang. L’inseguimento parte alle 23.14 al chilometro 9 della Tangenziale Est, lì dove il Doblò viene intercettato da una pattuglia della Stradale di Arcore.

Col passare dei minuti, si aggiungono diverse pattuglie di polizia e carabinieri, ma il conducente del furgone, Demal Halilovic, non si ferma. Anzi: i complici aprono il portellone posteriore e iniziano a lanciare sull’asfalto parte della pesante refurtiva per rallentare la corsa di chi avanza a sirene spiegate. Allo svincolo di Mecenate, il Doblò sperona la Stradale e prosegue in viale Ungheria, per concludere la folla corsa in via Bonfadini 38. I ladri svaniscono tra le baracche. Poco male: gli investigatori sanno dove stanarli.