
L'area del Tamburello come si presenta oggi e come potrebbe diventare in futuro
Milano, 28 marzo – Sette anni fa l’ultimo sussulto di “vita” con lo sgombero del collettivo che lo aveva occupato abusivamente, riaprendone tuttavia le porte ai cittadini dopo un lungo oblio. Parliamo del “Tamburello”, come viene ribattezzato l’edificio esagonale di via Astesani 47 a Milano, un po’ per l’originalità della sua pianta e un po’ forse in omaggio al “tamburo principal della banda d’Affori”, il quartiere dove sorge. Da allora, il nulla o quasi.
La palazzina in mattoni arancio-sbiadito progettata negli anni ‘60 da Vito e Gustavo Latis, che si affaccia sulla stazione dei treni e sull’ingresso della fermata della linea gialla della metropolitana (Affori Fn), è diventata un monumento al degrado classico di certe periferie: senza funzione e senza inquilini, impossibile da non scorgere tra nuovi grattacieli residenziali, una piazzetta disastrata, non distante dal parco di Villa Litta, e ipotesi più o meno concrete di recupero urbanistico.

Quando era una banca
Eppure, fino a una ventina di anni fa, il tamburello – prolungamento di un complesso abitativo degli anni ‘70 dove vivono centinaia di famiglie – ha scandito il ritmo della vita del quartiere. Ai suoi piedi c’era un’edicola, sotto un autosilo, al suo interno la Banca Nazionale del Lavoro, modernissima per l’epoca, con una larga serpentina di scale a chiocciola a unire i vari piani della filiale, dagli sportelli per i correntisti agli uffici. Qualcuno ricorda ancora la fila fuori, quando bancomat e trading online non esistevano.
L’occupazione e lo sgombero
Poi Bnl decise di traslocare di fronte, al piano terra di un nuovo palazzo, svuotando il Tamburello che rimase inutilizzato per più di una decade. Fino a quando il collettivo “Ri-make” lo occupò abusivamente nel 2014, trasformandolo in una sorta di centro sociale, aperto soprattutto nei fine settimana con concerti, pranzi popolari, incontri e mercatini a km zero. Una parentesi chiusa dopo 4 anni dall’arrivo della polizia che sgomberò i locali, restituendoli al legittimo proprietario ma togliendoli di fatto a ogni tipo di fruizione utile alla cittadinanza.

Un nuovo condominio
Proprietario, si diceva. L’area afferisce attualmente alla società immobiliare Rehalta del gruppo Fg Invest che qui ha scelto di realizzare un nuovo centro residenziale, affidandone la progettazione a Coima Image. Il vecchio immobile verrebbe abbattuto per lasciare spazio a un condominio di nove piani e 21 appartamenti così descritto: “Il nuovo edificio residenziale prevede di svilupparsi su 9 piani fuori terra, con piano terra dedicato a servizi e locali commerciali, oltre che locali comuni di diversa destinazione. La geometria architettonica risultante disegna una facciata principale asimmetrica, dal dinamismo unico nel suo genere, ammorbidendo le linee dure dell’ambiente urbano esistente e diventando il punto focale del quartiere in rigenerazione”. Fine lavori era prevista per marzo 2025 ma nessun cantiere è stato mai avviato, benché il piano preliminare che cambia la destinazione d’uso dell’area sia stato approvato due anni fa. Non certo un’eccezione nel panorama della scricchiolante urbanistica milanese.
La petizione
Qualcuno vorrebbe che ruspe e pale non arrivassero mai, quantomeno non per edificare un nuovo “grattacielo”, e ha preso “carta e penna” per scrivere il testo di una petizione indirizzata al Comune di Milano e diffusa in questi giorni tra i cittadini del rione. I promotori, sostenuti dal Pd ma non solo, chiedono di:
- sostenere la possibilità di spostare in altra area il progetto edificatorio preliminare approvato.
- promuovere, anche di concerto con la proprietà, una rifunzionalizzazione dell’edificio denominato “il Tamburello” riportandolo all'originaria destinazione d’uso a servizio della collettività, insieme alla riqualificazione dello spazio pubblico circostante. L'edificio si presta a una destinazione polivalente, per esempio: aggregazione civica a servizio di associazioni di quartiere; aggregazione giovanile per attività di carattere culturale e artistico (teatro, musica...); impresa sociale di carattere artigianale (servizi sartoriali, di falegnameria, ecc); spazio fitness; servizi al cittadino e di welfare; servizi sanitari di prossimità.
- promuovere la sensibilizzazione dei portatori di interessi nel campo della socialità, anche rapportandosi all'importante ruolo che il Municipio 9 potrà svolgere attraverso bandi pubblici per l'assegnazione degli spazi.
Il contrasto
L’obiettivo è raccogliere almeno 1.000 firme: basteranno a cambiare il corso degli eventi? Difficile. Quel che più preme tuttavia agli abitanti del quartiere è il recupero dell’intera area, in particolar modo della piazzetta antistante il padiglione esagonale che ben si presterebbe a diventare un luogo di incontro mentre oggi appare un cimitero di rifiuti ed erbacce. I rendering circolati finora sul progetto immobiliare restituiscono indubbiamente un’immagine del comparto migliore di quella attuale – non ci vuole molto – ma resta altrettanto indubbiamente aperto il tema della carenza di spazi di aggregazione e utilità pubblica in un distretto che ha visto ridurre il numero di negozi e crescere, con l’arrivo della metropolitana e la nuova stazione Trenord, un’offerta residenziale che spesso fatica a incontrare la domanda.