Milano, 24 giugno 2020 - Gli piaceva il rumore dei soldi. Quel suono leggero che si produce in modo naturale tenendo tra le dita le banconote e contandole. Lui lo faceva da solo in auto, dopo aver ricevuto una mazzetta e mentre un microfono, a sua insaputa, registrava la sua soddisfazione: "...nove, dieci...tredici, quattordici...diciassette, diciotto...venti. Ok. Bravo! Bravo ragazzo! Bravo!", con tanto di complimenti (nel vuoto) al giovane imprenditore che aveva appena retribuito i suoi servigi.
Del resto Bellini, una vita nell’Azienda trasporti dove prima di lui aveva lavorato suo padre, è un tipo che non sa stare con le mani in mano. "Se stai in Atm ti fossilizzi - spiegava al telefono a un suo interlocutore - io invece siccome c’ho una mentalità imprenditoriale, ho sempre fatto questo nella vita... oh, quando vuoi facciamo gli affari... quando vedo il soldo e l’affare, lo faccio...". Uno pratico e certo non privo di autostima. "Mi devi baciare sul suolo dove cammino..." ricordava a un imprenditore cui aveva suggerito il “ribasso“ giusto per poter vincere un appalto senza svenarsi. Indubbiamente capace di slanci, però. Come quando, secondo l’accusa, avrebbe fatto assumere in Atm due o tre giovani sui quali poi contare per i propri traffici, ma che certo non erano in linea con i requisiti chiesti dall’azienda per i posti cui concorrevano risultando inesorabilmente vincitori (anche perché nella commissione giudicatrice c’era lui, il solito Bellini).
In quei casi, con grande generosità preparava quei ragazzi alla prova fornendo in anticipo argomenti, domande d’esame, traduzione del testo dall’inglese e per i meno portati persino una dimostrazione pratica. Oltre al suggerimento di falsificare il curriculum, che sarà mai. Uno di questi miracolati, ottenuto il contratto a tempo indeterminato come addetto alle segnalazioni pensò di ringraziarlo portandogli due bottiglie di aceto balsamico di Modena da 300 euro l’una. Bellini ne rimase un po’ deluso però, anche se non seppe mai che quel suo pupillo non sarà stato un genio ma se la cavò alla grande quando a un controllo aziendale convinse un collega a fare pipì nella sua provetta, visto che in caso contrario sarebbe emerso all’istante che quel ragazzo era un consumatore di svariati tipi di droghe.
Ma questi sono solo particolari. Il “metodo Bellini“ consisteva, parole del procuratore capo Francesco Greco, "nell’offrire alle imprese interessate a partecipare alle gare" dell’Atm la "consulenza del pubblico ufficiale" - il Bellini stesso, ovviamente - "sotto forma di fornitura di materiale e informazioni privilegiate, trafugate dalla stazione appaltante". Alle imprese sarebbe anche stata garantita la "possibilità di sopralluoghi riservati e perfino la supervisione e correzione delle bozze di offerta, sino all’indicazione precisa delle percentuali di ribasso da offrire ad Atm" per prevalere sulle concorrenti. In cambio Bellini avrebbe incassato tangenti "proporzionali al valore dell’appalto e cadenzate mensilmente". In più le imprese vincitrici delle gare dovevano "coinvolgere nell’esecuzione delle opere", come subappaltatori, le società Ivm e Mad System create da Bellini o altre imprese con cui lui "concordava" le “stecche“.
Per il giudice Lorenza Pasquinelli, "dalle intercettazioni non è emersa neppure una procedura di gara pubblica, negli ultimi due anni circa, che non sia stata attinta, in misura più o meno penetrante, dall’intervento abusivo di Bellini in favore di una o più imprese interessate all’appalto". Il più grosso di quelli sotto inchiesta - valore complessivo 127 milioni di euro - è quello lanciato da Atm nel marzo 2019 per il sistema di segnalamento della linea 2 vinto da Siemens Mobility, naturalmente grazie anche ai buoni uffici del manager arrestato, che per quell’occasione si era però superato "giocando su più tavoli", in pratica offrendosi a tutti i potenziali concorrenti. Quello del resto era il suo “mantra“: "Io ho la garanzia che chiunque di questi venga mi darà il lavoro".