Milano – “Sono onorato per il riconoscimento che mi è stato assegnato, ma in generale mi lascia perplesso il fatto che un gesto che dovrebbe essere normale venga premiato". Una considerazione che porta Diego Calcaterra a formularne un’altra, un po’ amara, come diretta conseguenza: "Mi fa pensare che la società stia andando in una direzione sbagliata, perché forse oggi la normalità vuol dire girarsi dall’altra parte e far finta di niente".
Per tutti, il quarantunne è il tassista eroe che qualche mese fa ha soccorso un ragazzo che stava per essere derubato, anche se il diretto interessato ha sempre rifuggito questa definizione proprio per i motivi spiegati in precedenza. Il 7 dicembre, su candidatura dei capigruppi in Consiglio comunale di Fratelli d’Italia e Lega, riceverà l’attestato di civica benemerenza al Teatro dal Verme.
La storia che gli è valsa l’Ambrogino inizia alle 3.02 del 25 luglio. Siamo in piazzale Cantore angolo Papiniano, a due passi dalla Darsena. La dash cam dell’auto bianca riprende la scena: i filmati mostrano quattro giovani che ne inseguono un quinto verso corso Genova; nel video, si sente anche la voce di Diego, che in quel momento sta parlando al telefono e che all’improvviso ripete "Devo intervenire, devo intervenire". "Il collega che era al telefono mi diceva di stare tranquillo e di pensare ai miei due bambini, ma non potevo far finta di nulla – il racconto al Giorno ventiquattro ore dopo –. Sono un ex pugile e un istruttore di boxe, non mi tiro mai indietro se bisogna aiutare qualcuno. I colleghi mi chiamano scherzosamente “Murdock il pacifista”, dal personaggio della serie tv A-Team. Così ho iniziato a seguire il gruppo e a un certo punto ho suonato più volte il clacson per mettere in fuga i rapinatori".
A quel punto "uno mi ha guardato dritto negli occhi, come a dire “Sei arrivato troppo presto, ci hai fregati...”. Poi sono scappati, dopo essersi calati il cappuccio della tuta sul volto. Uno di loro aveva anche un coltello con sé: lo ha nascosto dietro i pantaloni". E il ragazzo? "Stava tornando a casa dopo aver finito il turno in un ristorante della zona. Era agitatissimo, terrorizzato: l’ho fatto salire in macchina e ho cercato di tranquillizzarlo. Siamo stati insieme per una quarantina di minuti, poi l’ho accompagnato in zona San Siro, dove abita. Mi ha ringraziato e mi ha abbracciato, dicendomi “Grazie, grazie, non pensavo che qualcuno potesse salvarmi”".