SIMONA BALLATORE
Cronaca

Taylor Swift è dei Millenials o della Gen Z? L’analisi sociologica dell’influencer pop

La superstar statunitense a Milano per il doppio concerto-evento: "Solo i Beatles come lei". Il sociologo Gandini (Università Statale): “Ormai è una multinazionale, ma i fan si identificano”

Taylor Swift durante il suo Eras Tour

“Dietro il brand e la “multinazionale“ Taylor Swift c’è di più: è l’ultima delle celebrità 2.0 e la prima delle nuove. Surfa tra questi due piani, tra generazioni di Millennials, piantati nella nostalgia, ma anche tra i primissimi delle Gen Z. Muove economia, politica, impegno civile". Così Alessandro Gandini, sociologo dei processi culturali e comunicativi all’università Statale, spiega il “fenomeno Swift” che sta già facendosi sentire a Milano, tra i fan in fila per i concerti di domani e domenica. Giornate sotto il sole cocente e notti in tenda sul piazzale dello stadio di San Siro.

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Come possiamo inquadrare questo fenomeno?

"Bisogna partire da uno scenario in cui la celebrità musicale è cambiata tantissimo: negli anni prima dell’avvento delle piattaforme musicali e di streaming il musicista era visto come una figura molto artistica. C’era l’aspetto commerciale, ma legato a una celebrità specifica".

E adesso?

"Le ricerche ci dicono che il musicista è a tutti gli effetti un brand. E quindi dobbiamo parlare di brand Taylor Swift: si comporta come tale, ma va oltre. C’è la monetizzazione e spesso la sponsorizzazione tramite social, un fenomeno che anche in Italia ha coinvolto artiste come Annalisa e Francesca Michielin. Taylor Swift a questo ha aggiunto caratteristiche delle celebrities musicali 2.0, quelle degli anni ’90 per intenderci".

In che senso?

"C’è una grande fan community che conserva rituali molto forti, pensiamo al rito dei braccialetti, alle “Ere“, devi vestirti in un certo modo per essere una Swiftie, per corrispondere al suo stile e alla sua grammatica; Taylor è in grado di veicolare forme di “follia collettiva“ simili a quelle del passato. Con beneficio di inventario, pensiamo alla Beatlemania".

C’è una Swift-mania?

"La scala è quella, ma con le fattezze di oggi. Una volta si affollavano le piazze con questa isteria collettiva, oggi si aggiungono Telegram e i social media".

Qualcun altro ci riesce?

"Nello scenario musicale contemporaneo penso a una performer globale ma più indie , Dua Lipa. Ma non porta con sé lo stesso tipo di “rituale collettivo“, di dimensione comunitaria. Se scaviamo negli anni, penso a Justin Bieber e agli One Direction: ricordate i gettoni reputazionali per sentirsi più “directional“ degli altri? Sono partiti insieme, ma quello che colpisce di Taylor Swift è che son passati dieci anni, lo fa ancora e funziona".

Gli effetti della Swift-economy si stanno facendo sentire anche a Milano. Ma c’è anche un effetto politico? Ed etico?

"Sicuramente si identificano con lei tante persone con fragilità economica e sociale e lei stessa si espone politicamente su temi d’impegno civile, come d’altronde è sempre più richiesto agli influencer, con tutti i rischi del caso".