Ansia, depressione, problemi comportamentali, atti di autolesionismo e abuso di sostanze. C’è chi si è chiuso in casa durante il primo lockdown e non riesce più a recuperare una socialità, mentre altri hanno abbandonato la scuola e sono entrati nell’esercito dei Neet, i ragazzi che non studiano e non lavorano. L’onda lunga della pandemia continua a colpire gli adolescenti, e si riflette nel numero di giovani indirizzati agli specialisti per seguire una terapia. È solo la punta dell’iceberg, perché la maggior parte dei disagi resta nascosta, sfugge a monitoraggi e statistiche. Rispetto agli anni pre-Covid, i pazienti in terapia con meno di 18 anni sono aumentati del 31% secondo un report del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi. Lo spettro è quello degli Stati Uniti, dove nei primi sei mesi del 2021 gli ospedali psichiatrici hanno registrato un aumento del 45% del numero di casi di autolesionismo e tentativi di suicidio fino ai 17 anni rispetto allo stesso periodo del 2020. Dati analizzati in un focus dell’Istituto superiore Freud di Milano, che ha lo scopo di aiutare genitori e insegnanti ad affrontare i problemi degli studenti in maniera adeguata.
"I segnali sono forti, fra ansia, depressione e autolesionismo. Dopo questi due anni di pandemia, bisogna intercettare il disagio generale - spiega il direttore Daniele Nappo -. Con il post pandemia, i giovani stanno attraversando un periodo e una condizione molto complessa della loro vita, con contraccolpi ricadenti per la loro salute mentale; purtroppo del sostegno psicologico, della prevenzione e dell’ascolto si parlava poco prima e se ne parla poco anche oggi. I segnali del peggioramento diffuso sono chiari e condivisi ma l’allarme sembra essere inascoltato". La pandemia ha prodotto un decadimento generale della salute mentale di ragazzi e ragazze, con conseguenze per tutti gli adolescenti fra i 12 e 18 anni - si sottolinea nell’analisi - chi non aveva preoccupazioni ha dovuto affrontare fasi di smarrimento e disagio dovute alle limitazioni della socialità; per chi era già in una condizione critica sono diminuite le possibilità di chiedere un sostegno, e per il sistema sociosanitario è accresciuto il rischio di non farcela a intercettare e in parte anche a gestire le richieste di aiuto. In tutta Italia gli ospedali sono stati obbligati ad aumentare i posti letto nei reparti di neuropsichiatria infantile per ricevere un numero di persone che mai si era visto negli ultimi anni. Il problema, evidenziato da sindacati e associazioni, è che la Lombardia pur crescendo le situazioni di disagio sconta anni di tagli del personale nei servizi di salute mentale.
"Il personale in ambito salute mentale in Lombardia risulta diminuito del 50% in riferimento agli standard indicati nel Progetto Obiettivo “Tutela salute mentale 1998-2000”", hanno denunciato Campagna per la Salute Mentale, Urasam e Rete Utenti Lombardia. Così il disagio degli adolescenti rischia di scaricarsi solo sulle spalle dei genitori e dei parenti costretti a rivolgersi al privato, per chi può permetterselo. Uno spaccato della situazione emerge dal progetto Selfie, che ha raccolto 6.119 questionari compilati dagli studenti. Il 58% dei ragazzi dichiara di essere seguito da uno psicologo, o di aver seguito una terapia in passato.