Milano – Il colloquio intercettato, definito dagli investigatori la “confessione” di Lauro Azzolini, ha avuto luogo il 17 marzo 2023, nella casa a Milano dell’ex brigatista 81enne, che fu condannato per il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro e si è poi dissociato. Una conversazione a bassa voce con un altro ex brigatista, Antonio Savino, che a un certo punto vira su fatti di mezzo secolo fa: il sequestro di Vittorio Vallarino Gancia e lo scontro a fuoco del 5 giugno 1975 alla Cascina Spiotta, nell’Alessandrino, durante il quale furono uccisi l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, che partecipava al blitz per liberare l’imprenditore vinicolo, e Mara Cagol, moglie di Renato Curcio, uno dei fondatori delle Br.
“Io ero dentro la macchina. Dentro la macchina, quando l’ho visto. To to to to”, racconta Azzolini imitando il rumore degli spari. “Lei (il riferimento, secondo gli investigatori, è a Cagol, ndr) è stata ferita nel braccio subito, a un certo punto è venuta fuori. Io cado, e nella botta ho perso la pistola (...) son andato fuori, sotto tiro anch’io”. La cronaca di istanti drammatici, culminati nella fuga di Azzolini e nella morte di Cagol.
Un’altra delle centinaia di conversazioni captate da un trojan risale al 19 febbraio 2023, al mercatino delle pulci di Castano Primo. Azzolini parla con un amico, esprime preoccupazione per le nuove indagini dei carabinieri del Ros, coordinate dalla Procura di Torino. “Era quel momento, che tu eri con la Mara?”, chiede l’amico. Azzolini a quel punto batte più volte con il dito in prossimità del microfono del suo smartphone, forse per avvertire del rischio di essere intercettati. E l’interlocutore corregge il tiro: “Mi sto confondendo”. Frasi che secondo l’accusa, assieme a testimonianze e ad altri elementi (11 impronte riconducibili ad Azzolini sono state rilevate dal Ris sulle pagine del memoriale che ricostruiva l’operazione fallita e fu rinvenuto nel covo milanese delle Br, recuperato di recente negli archivi del Tribunale), dimostrano che Azzolini sarebbe il misterioso brigatista presente durante la sparatoria. Un “Mister X“, prosciolto nel 1987 per l’episodio della Cascina Spiotta, che rischia di finire sotto processo a mezzo secolo di distanza.
Giovedì prossimo si aprirà l’udienza preliminare davanti al gup di Torino, con al centro le accuse di sequestro di persona, omicidio e tentato omicidio: oltre ad Azzolini, che ha sempre negato la presenza alla Cascina Spiotta, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di Renato Curcio e Mario Moretti (presunti mandanti), e dell’ex militante Pierluigi Zuffada. Quello delle intercettazioni, tra gli elementi cardine dell’accusa, sarà uno dei primi nodi da affrontare, in un procedimento che potrebbe riscrivere la storia di un “cold case“ degli anni di piombo.
Il difensore di Azzolini, l’avvocato Davide Steccanella, ha sostenuto infatti che il suo assistito è stato sottoposto fra il 2022 e il 2023 a intercettazioni “non legittime”, perché pur essendo state riaperte le indagini il fascicolo era ancora a carico di ignoti. E un gip ha respinto la richiesta di arresto per la mancanza di gravi indizi di colpevolezza. Dall’altra parte c’è la richiesta di giustizia dei figli del carabiniere ucciso.
Le indagini erano state riaperte proprio a seguito di un loro esposto del 2021, e ora si costituiranno parti civili con gli avvocati Sergio Favretto, Nicola Brigida e Guido Salvini, esperto di terrorismo che da magistrato si è occupato di casi come la strage di piazza Fontana. Curcio, interrogato nel 2023, ha confermato di aver chiesto all’epoca una “relazione su quanto accaduto alla Cascina Spiotta”. Poi ha cercato di ridimensionare il suo peso nelle Br: “Il ruolo di capo è un’immagine mediatica che non corrisponde alla realtà. Dopo l’evasione sono rimasto al di fuori della vita organizzativa”.