di Massimiliano Mingoia
I milanesi amavano chiamarlo “Tognolino’’ e lui non se la prendeva, anzi: "Sono sempre stato piccolino. C’è una mia foto in Piazza Duomo accanto a Bettino Craxi in cui la differenza di altezza salta agli occhi". Era fatto così, l’ex sindaco Carlo Tognoli. Sorridente, affabile, autoironico. Socialista fino al midollo, tanto da chiamare Anna e Filippo i figli, in omaggio a Kuliscioff e a Turati, coppia simbolo del socialismo meneghino. Il sorriso per il bel ricordo e il pianto per il dolore si mischiano in queste ore, da quando si è saputo che Tognoli non c’è più, è morto per colpa del virus che ha ucciso tanti, troppi milanesi da un anno a questa parte.
L’ex primo cittadino è stato contagiato dal Covid-19 alla fine del 2020, quando era ricoverato all’ospedale Gaetano Pini per una frattura al femore. Aggiustata la frattura, contratto il coronavirus, com’è capitato a tanti che hanno frequentato gli ospedali dal febbraio 2020 in poi. Tognoli ha lottato contro il Covid per qualche mese ma alla fine non ce l’ha fatta.
La notizia della morte l’ha data con un tweet Bobo Craxi, il figlio dell’ex premier e leader del Psi: "Carlo Tognoli, un pezzo della storia milanese, della storia socialista e anche della nostra vita che se ne va. Un grande dolore". Il sindaco Giuseppe Sala si è subito unito al dolore dei familiari, degli amici e dei milanesi: "Milano piange la scomparsa di Carlo Tognoli, un grande sindaco della nostra città, un uomo politico concreto e aperto alle riforme. Un milanese vero. Per me un maestro e un amico sincero". Tognoli detiene ancora un primato tutto meneghino: è stato il sindaco più giovane del capoluogo lombardo, il suo primo mandato iniziò il 12 maggio 1976, quando non aveva ancora 38 anni, mentre il suo secondo si concluse il 19 dicembre 1986.
Dieci anni in cui la città passò dagli Anni di Piombo alla Milano “da bere’’. Una trasformazione apprezzata o contestata – a seconda dei punti di vista politici – a cui Tognoli ha fornito un contributo di primo piano, insieme al Psi allora guidato da Craxi. Sul famigerato slogan della “Milano da bere’’, in un’intervista di un anno fa, l’ex sindaco tenne a precisare che "quello è stato semplicemente uno slogan pubblicitario di un amaro (Ramazzotti, ndr). La vulgata è spesso lontana dalla realtà. Gli yuppie, i consumi? Poca roba. Milano ricominciava a vivere una normalità. Io ricordo il palcoscenico disegnato da Alberto Burri accanto al ristorante nel Parco Sempione, gli spettacoli di Carmelo Bene, il concerto di Bob Marley a San Siro...". Eh sì, perché quella Milano, pur non priva di molteplici contraddizioni, puntò molto sulla cultura e Tognoli per primo aprì lo stadio Meazza agli eventi musicali di massa, scelta coraggiosa dopo gli anni degli autoriduttori e degli scontri al Vigorelli tra poliziotti e i militanti dell’estrema sinistra prima, durante e dopo i concerti.
Tognoli il riformista, Tognoli l’innovatore, a suo modo. Non solo a Milano. Il suo è un “cursus honorum’’ da politico della Prima Repubblica, cioè ricco di esperienze politiche graduali, dagli enti locali al Governo nazionale. Tognolino iniziò a fare politica nei giovani socialisti nel 1958, fu consigliere comunale a Cormano dal 1960 al 1970, poi assessore a Palazzo Marino, con varie deleghe, dal 1970 al 1976. Già negli anni da sindaco, la sua carriera aveva fatto un salto: europarlamentare socialista dal 1984 al 1987. E dopo il Comune, fu ministro nei Governi Goria e De Mita (Aree Urbane) dal 1987 al 1989 e nell’ultimo governo Andreotti (Turismo e Spettacolo).
Il 1º maggio 1992 l’ex sindaco ricevette un avviso di garanzia nell’ambito dello scandalo Tangentopoli, ma ne è uscito assolto il 25 gennaio 2000. Aveva già lasciato la politica attiva nel 1995, ma negli anni successivi ha ricevuto incarichi in Mediobanca, nel Museo della Scienza e nella Fondazione Ospedale Maggiore. Era apprezzato a sinistra e a destra. È stato un piccolo grande sindaco, Tognolino.