Milano – È stato fissato per il 15 maggio l’appuntamento davanti al giudice. Quel giorno sarà affollata l’udienza preliminare per il rogo della Torre dei Moro, il grattacielo di 18 piani che prese fuoco il 29 agosto 2021, per fortuna senza causare vittime. Lo scorso novembre la Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio per disastro colposo per 16 persone, tra cui i legali rappresentanti delle società che a suo tempo costruirono l’edificio e che dunque ebbero a che fare con la posa dei pannelli dei rivestimenti delle facciate, per gli inquirenti i veri responsabili della diffusione dell’incendio in pochi minuti.
Già a settembre 2022 il pm Marina Petruzzella, del pool guidato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, aveva chiuso le indagini a carico di 18 persone, tra cui Roberto Moro, amministratore di Moro Costruzioni, general contractor, tre responsabili (tra cui l’amministratrice Stefania Grunzweig) della committente Polo srl, un incaricato alle vendite, il direttore dei lavori e il responsabile tecnico del cantiere. Tra gli altri imputati ci sono anche un dirigente e un funzionario dei vigili del fuoco che all’epoca diedero il "parere favorevole" grazie al quale Polo srl ottenne "il certificato prevenzione incendi" nel 2011.
In più, rischiano il processo sei responsabili di Zambonini spa, l’azienda che si occupò dei lavori delle “vele” della facciata - cioè proprio i pannelli tutt’altro che ignifughi - e l’amministratore della ditta che commercializzava in Italia quei pannelli Larson prodotti dalla spagnola Alucoil, che conta tra gli indagati il legale rappresentante e un export manager. La richiesta di rinvio a giudizio riguarda però solo 16 persone, perché per le due ultime posizioni, ossia gli indagati spagnoli, sono ancora aperti i termini difensivi e poi la Procura definirà anche quella parte.
Il maxi rogo, stando alle indagini, scoppiò per una serie di "macroscopici vizi di progettazione ed esecuzione" delle facciate fatte di pannelli altamente infiammabili, scelti perché più economici, ma non omologati. E che perciò trasformarono il grattacielo in una “torcia” quando per un caso fortuito, cioè un mozzicone di sigaretta lanciato da un balcone, scoppiò un incendio sul terrazzo del quinto piano.
Se i pannelli che rivestivano l’edificio fossero stati davvero ignifughi, sarebbe finito tutto in pochi minuti. Erano invece altamente infiammabili, così il fuoco si mangiò il grattacielo in un amen, e solo la prontezza di riflessi degli inquilini, scappati in strada grazie alla chat condominiale, evitò la tragedia.