Le opere di demolizione si sono concluse, e i proprietari degli appartamenti distrutti dal rogo hanno dovuto sborsare da duemila fino a 10mila euro a testa per pagarle. È arrivata anche l’autorizzazione paesaggistica, da parte della commissione competente del Comune di Milano, consentendo di superare anche questo step burocratico. Gennaio sarà un mese decisivo per la ricostruzione del grattacielo di via Antonini distrutto dal maxi-incendio il 29 agosto 2021, che per fortuna non ha provocato vittime ma ha lasciato senza una casa 80 famiglie. È in corso infatti una delle fasi più delicate, quella dell’esame dei preventivi e della scelta fra i due general contractor in lizza per trasformare in realtà il progetto messo sulla carta dall’architetto Marco Piva che sanerà la ferita rimasta aperta a Milano Sud, dove lo skyline del quartiere è ancora dominato dalla torre di 18 piani bruciata.
Fase particolarmente complessa, visti i tanti risvolti da valutare attentamente e gli interessi in gioco, che potrebbe far slittare l’inizio dei lavori ai primi mesi del 2024, dando il via alla corsa per rispettare la previsione di arrivare alla riconsegna degli appartamenti alle famiglie entro il 2026, anno dei Giochi invernali Milano-Cortina. Intanto le famiglie, che dal 2021 hanno trovato sistemazioni provvisorie, stanno vivendo i giorni delle feste nell’attesa, con tutte le difficoltà legate alle spese da pagare e lo sguardo puntato al nuovo anno. A farsi carico delle spese di ricostruzione sarà l’assicurazione, ma bisognerà stare attenti a non sforare il budget milionario - un’impresa difficile in un periodo di prezzi alle stelle soprattutto nell’edilizia - per evitare che eventuali costi aggiuntivi ricadano sulle spalle dei condomini riuniti nel comitato. Nella primavera del 2024 dovrebbe anche arrivare a un punto fermo l’udienza preliminare, davanti al gup di Milano Ileana Ramundo, sul caso del maxi incendio.
Il pm Marina Petruzzella aveva chiesto il processo per disastro colposo per 18 persone, tra cui i costruttori della Moro Real Estate, l’amministratrice della società committente e venditrice degli appartamenti, e anche due spagnoli, il legale rappresentante e l’export manager di Alucoil, l’azienda spagnola produttrice dei pannelli che rivestivano il grattacielo e che sono stati ritenuti dalla Procura "altamente infiammabili". E anche per sei responsabili di Zambonini spa, che si occupò dei lavori delle "vele" della facciata della Torre. Il maxi rogo, stando alle indagini, scoppiò per una serie di "macroscopici vizi di progettazione ed esecuzione" delle facciate fatte di pannelli infiammabili. Scelti perché più economici, ma non omologati e che in pochi istanti hanno trasformato il grattacielo in una "torcia", quando è divampato l’incendio da un balcone. Non ci sono state vittime, a differenza della tragedia della Grenfell Tower di Londra, anche perché il rogo si è verificato in una calda domenica di fine agosto, quando la maggior parte delle famiglie si trovava fuori casa.
Un episodio che ha messo sotto i riflettori la sicurezza degli edifici e dei materiali da costruzione, al centro anche di una battaglia avviata dal comitato di via Antonini per prevenire altre tragedie. I "nuovi fattori di rischio" sono elencati anche in un report dei Vigili del fuoco di Milano: facciate continue, coibentazione degli edifici legata in particolare alla "tipologia e durabilità del materiale", nuovi materiali da costruzione, impianti fotovoltaici e batterie al litio. Fattori che, in edifici trasformati dalla riqualificazione energetica, si aggiungono a quelli “storici“: incuria e comportamenti scorretti, impianti fuori norma e difetti di costruzione che rendono le case pericolose per chi ci abita.