MASSIMILIANO MINGOIA
Cronaca

Torre dei Moro, 60 metri terminati nel 2011: il progetto delle facciate finite in fumo

La forma del palazzo voleva richiamare una barca. Nei 16 piani del palazzo c’erano soprattutto appartamenti ma anche negozi e uffici

Progetto Torre dei Moro e stato attuale

di Massimiliano Mingoia

Si chiama, anzi si chiamava, “Torre dei Moro’’ perché la forma delle facciate, quelle che si sono liquefatte in pochi minuti, voleva richiamare la metafora della nave con due grandi vele asimmetriche. Ma la barca, sempre per restare nella metafora, è affondata facendo scappare in fretta e furia tutti i passeggeri a bordo. Sorprendente, a pensarci, perché l’edificio è stato terminato nel 2011, poco meno di dieci anni fa, e avrebbe dovuto rispettare tutte le normative anti-incendio. Saranno le indagini ad accertare perché le vele, anzi le facciate, sono bruciate in così poco tempo. Nel progetto della Torre dei Moro si legge che le due facciate, anzi "i due orizzontamenti delle unità immobiliari poste al di sopra del locale commerciale" sono stati "eseguiti mediante l’utilizzo di lastre prefabbricate in polistirene autoportanti, armate in fase di produzione con tralicci in acciaio, con getti di completamento in opera". E ancora: "I primi cinque orizzontamenti sono realizzati mediante l’utilizzo di lastre prefabbricate tralicciate, alleggerite con blocchi in polistirolo, con getti di completamento in opera, travi e cordoli in c.a.; i successivi presentano pannelli in latero-cemento prefabbricati con getti di completamento in opera". Gergo tecnico che gli inquirenti dovranno analizzare parola per parola e, soprattutto, opera per opera, se si potrà ancora capire con che materiali sono state fatte effettivamente le parti del palazzo andate completamente in fumo.

La Torre dei Moro, 16 piani per 60 metri d’altezza, faceva parte di un intervento edilizio recente di 3.100 metri cubi quadrati di superficie produttiva, 2.700 di commerciale e uffici e di 3.700 metri quadrati di appartamenti.

"Il complesso – si legge in un vecchio progetto della torre presente in Rete – è costituito da due piani interrati, adibiti ad autorimesse, posti auto, cantine e

locali tecnici, da un piano fuori terra adibito ad attività commerciale, da una parte superiore in cui sono state realizzate unità immobiliari disposte su due livelli e, infine, da un edificio a torre".

Sempre dal progetto, si viene a sapere ancora che "i professionisti che si sono occupati del progetto e della direzione delle opere strutturali sono gli ingegneri Orio Delpiano di Biella e Michele Motta di Torino; per la modellazione ed il calcolo hanno utilizzato il software DOLMEN di CDM DOLMEN, che gli ha consentito di progettare e verificare tutti gli elementi strutturali dalle fondazioni al tetto". Chi passa per via Antonini venendo da viale Giovanni da Cermenate nota subito la Torre bianca, perché svetta in un’area in cui non ci sono altri palazzi, ma solo un negozio di Scarpe & Scarpe e un McDonald’s. Il palazzo risale al 2011, dunque fino a ieri appariva ancora moderno rispetto ai palazzi poco distanti. Un segnale di innovazione in un quartiere periferico in cui l’architettura futuribile non è di certo molto nota, via Antonini non è CityLife o Porta Nuova.

"Il complesso è comunque legato all’ambiente ed alla storia di Milano seguendo il caratteristico orientamento nord-ovestsud-est e le coperture tradizionali a volta", racconta ancora il progetto. Ma la realtà vista ieri pomeriggio da residenti e cittadini passati da via Antonini svelava tutt’altro. Un disastro. Una tragedia per fortuna solo sfiorata, per quanto riguarda il bilancio delle vittime. Ma un bilancio nerissimo dal punto di vista architettonico e strutturale.