Dei tredici agenti finiti in carcere per maltrattamenti e torture nel carcere minorile Beccaria, tre hanno ottenuto i domiciliari. La decisione porta la firma della gip Stefania Donadeo. Non tutti gli arrestati avevano presentato istanza di scarcerazione. Il giudice ha anche valutato le posizioni degli otto agenti sospesi, in particolare di quelli che avevano presentato istanze. La giudice ha concesso i domiciliari a Salvatore Imbimbo, Danilo Iacobucci e Giuseppe Di Cerbo. Rivalutazioni sono state fatte anche per le posizioni degli agenti sospesi. Nelle ordinanze con cui il giudice ha sostituito il carcere coi domiciliari si evidenzia che, comunque, "permangono sia i gravi indizi di colpevolezza che hanno imposto la misura cautelare". Queste esigenze, però, spiega la gip, "possono essere soddisfatte con la misura meno afflittiva dei domiciliari". Martedì si terranno le udienze davanti al Riesame per discutere le istanze di revoca della misura presentate da altri due agenti arrestati. Per un terzo la data non è ancora stata fissata.
I 21 tra arrestati e sospesi, interrogati dal giudice, hanno quasi tutti risposto alle domande e si sono difesi dicendo che non si trattava di aggressioni ma di "interventi di contenimento di giovani cosiddetti difficili" e spiegando di aver dovuto gestire una situazione difficile in piena autonomia, di essere stati "abbandonati" in un luogo in cui nessuno voleva stare, "tra tensioni, turni massacranti e mancanza di personale". Inquirenti e investigatori stanno analizzando le cartelle mediche dei minori acquisite negli archivi del Beccaria per accertare altri casi che si aggiungono a quelli già verificati, a quelli denunciati nei giorni scorsi e a quelli su cui da tempo si sta indagando.
Lunedì prossimo inizieranno le audizioni di minori, almeno una decina, che si ritiene siano stati vittime anche loro di pestaggi e torture. Mentre si indaga anche su presunte omissioni e coperture di personale medico, educativo e dei vertici della struttura (due ex direttrici sono indagate). L’ex comandante della Polizia penitenziaria, Francesco Ferone, potrà tornare a lavorare all’Ufficio esecuzione penale esterna, ma non nel carcere minorile. La giudiceStefania Donadeo, ha così limitato per Ferone la sospensione, che era stata decisa con misura cautelare, dal solo esercizio dell’incarico al Beccaria, mentre potrà lavorare, stando al provvedimento, all’Uepe, dove tra l’altro già lavorava, da quando aveva terminato l’incarico di comandante al Beccaria. La stessa limitazione della sospensione al solo incarico al Beccaria, con possibilità di lavoro per l’Uepe, è stata disposta dalla gip per altri tre agenti, tra gli otto in totale sospesi. Per un quinto agente, inoltre, la misura della sospensione è stata revocata dal giudice, perché nell’interrogatorio è riuscito a dimostrare che aveva cercato di impedire le violenze. Gli altri tre sospesi non avevano presentato istanze al giudice. An.Gi.