Milano – Un ragazzo di 15 anni preso da tre guardie e malmenato nei corridoi. Le immagini delle telecamere interne del carcere minorile Beccaria, registrate il 15 marzo 2024, svelano nuovi dettagli sul clima di violenza e sulle torture subite dai giovani detenuti per le quali sono stati arrestati 13 agenti di polizia penitenziaria, mentre 8 sono stati sospesi. Le immagini sono state acquisite agli atti nell’inchiesta sulle violenze nell’istituto penitenziario coordinate dal pm Rosaria Stagnaro e l'aggiunto Letizia Mannella.
L’ex comandante in tribunale
In tribunale a Milano, oggi lunedì 29 aprile, sono continuati gli interrogatori per ricostruire il clima all’interno del carcere. Davanti al Gip Stefania Donadeo sono sfilati quattro degli otto agenti sospesi, tra cui l'ex comandante della Polizia penitenziaria del Beccaria, Francesco Ferone. In tre hanno risposto alle domande del giudice, mentre uno si è avvalso della facoltà di non rispondere. Gli altri quattro saranno ascoltati domani.
Le giustificazioni degli agenti
Gli agenti sospesi sono accusati di falso per aver alterato le relazioni di servizio e, secondo l'accusa, per aver coperto le violenze. Davanti alla Gip hanno fornito la loro versione: hanno parlato della situazione al Beccaria, delle tensioni dovute ai turni massacranti, alla mancanza di personale. E poi che, essendo abbandonati dai vertici e dall'amministrazione penitenziaria, hanno agito in autonomia e di aver reagito alle aggressioni di ragazzi difficili. L'ex comandante Ferone ha dato spiegazioni sulle intercettazioni in cui si dice che non c'era più "la protezione”: il “nuovo” direttore del penitenziario, “sta facendo sul serio” e “dice che vuol prendere provvedimenti”.
I cappellani
Sono stati sentiti come persone informate sui fatti anche don Gino Rigoldi e don Claudio Burgio, rispettivamente ex cappellano e attuale cappellano del carcere minorile. Nei giorni scorsi i magistrati hanno raccolto i racconti dei due religiosi che in sostanza hanno ripetuto di essere “dispiaciuti” per non essersi accorti delle violenze nei confronti dei ragazzi.
Le ferite dei giovani
Hanno spiegato che in alcuni casi hanno visto dei segni e di aver pensato che fossero dovuti a litigi tra i minorenni, i quali sono comunque sembrati "reticenti”: in quel clima “infernale”, come lo ha definito la gip nell'ordinanza di custodia cautelare, e forse per paura, hanno preferito non dire nulla ai due cappellani.
Prossimi interrogatori
Le pm titolari dell’inchiesta nei prossimi giorni hanno un fitto calendario: dovranno sentire ancora una decina di ragazzi, tra i quali altre presunte vittime delle botte e delle torture ipotizzate, il personale sanitario e gli educatori. Inoltre potrebbero acquisire altra documentazione. Intanto, tra coloro che hanno già chiesto a giudice la revoca della misura degli arresti, tre hanno fatto ricorso al Tribunale del riesame.