Milano, 29 aprile 2024 – Le telecamere hanno ripreso tutto. Dal momento in cui il ragazzino viene trascinato fuori dalla sua cella a quello in cui si trova a terra mentre viene preso a calci. La scena, immortalata dagli occhi elettronici, viene descritta come “cruenta” in un’annotazione redatta lo scorso 15 marzo dal Nucleo Investigativo regionale della Polizia penitenziaria.
Le immagini sono finite agli atti dell’inchiesta della Procura di Milano su presunti maltrattamenti e torture nel carcere minorile Cesare Beccaria, che la settimana scorsa ha portato all’arresto di 13 agenti e alla sospensione dal servizio di altri otto.
Botte da quattro agenti
L’episodio al quale si fa riferimento, riportato anche nell’ordinanza di custodia cautelare, risale all’8 marzo di quest’anno, quando un detenuto 15enne sarebbe stato vittima di un pestaggio, dopo che si era procurato dei tagli sulle braccia.
Secondo quanto emerge dall’inchiesta, quattro agenti lo avrebbero portato fuori dalla cella e trascinato giù per le scale, mentre uno di loro lo tirava “anche dal braccio sanguinante”. A quel punto, il ragazzo sarebbe stato "spinto contro il muro” e colpito “ripetutamente alla testa e al torace” fino a cadere a terra. Due degli agenti, sotto gli occhi dei colleghi, lo avrebbero quindi preso a calci.
Il pestaggio viene descritto nell’annotazione depositata agli atti delle indagini condotte dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena. Altre "quattro persone, probabilmente sanitari”, dopo avere sentito “il trambusto” si sarebbero spostate nell’infermeria, dove nel frattempo era entrato il 15enne. Una volta riportato in cella con il braccio fasciato, il ragazzo sarebbe stato “nuovamente prelevato” da due agenti e portato “in un ufficio al piano terra”, dove è rimasto “per circa otto minuti”, durante i quali, però, si legge che non vi sarebbero state ulteriori condotte violente.
In uno dei verbali c’è anche la testimonianza di una delle presunte vittime, chiamato a effettuare i riconoscimenti fotografici degli agenti accusati di aver partecipato ai pestaggi. “Lo conosco – queste le dichiarazioni del ragazzo, assistito dall’avvocato, perché accusato di resistenza a pubblico ufficiale – Ha partecipato all'aggressione, aveva dei guanti neri e mi tirava gli schiaffi in faccia, ma non li sentivo perché gli altri mi tiravano colpi ovunque, nei giorni successivi mi ha chiesto scusa, ha provato ad aggredirmi anche altre volte ma non ci è riuscito". L’episodio di questo presunto pestaggio risale al 18 novembre del 2022.
Giro di colloqui
Inquirenti e investigatori, che la scorsa settimana hanno iscritto nel registro degli indagati anche i nomi delle due ex direttrici del carcere, Maria Vittoria Menenti e Cosima Buccoliero, hanno già iniziato a sentire alcuni possibili testimoni. A rispondere alle loro domande come persone informate sui fatti ci sono stati anche i due sacerdoti don Gino Rigoldi e don Claudio Burgio, rispettivamente ex cappellano e cappellano del Beccaria.
Entrambi, ribadendo ciò che avevano già dichiarato pubblicamente, si sono detti dispiaciuti per non essersi accorti di ciò che stava accadendo all’interno dell’istituto penale minorile. Nessuno dei detenuti, infatti, si sarebbe confidato con loro in merito a violenze da parte degli agenti. Vedendo i lividi o i segni delle botte, i due religiosi hanno detto di avere pensato a risse tra minorenni, senza poter immaginare ciò che stava accadendo secondo quanto emerso dalle indagini.
Nelle prossime due settimane verranno sentiti anche alcuni ragazzi, circa una decina, tra quelli che potrebbero aver subito maltrattamenti a loro volta e possibili testimoni, oltre a educatori e operatori sanitari.
Sentito l’ex comandante
Gli interrogatori di garanzia dei 13 agenti arrestati davanti al gip di Milano Stefania Donadeo si sono conclusi venerdì scorso e oggi sono stati ascoltati i primi quattro di quelli sospesi. Tra questi,
anche l’ex comandante della polizia penitenziaria Francesco Ferone , accusato di aver falsificato le relazioni. L’uomo ha parlato per quasi due ore, raccontando la sua versione dei fatti e tentando di difendersi.A quanto emerso dagli interrogatori dei giorni scorsi, diversi agenti coinvolti nell’indagine avrebbero parlato di essersi sentiti abbandonati a loro stessi, con turni di lavoro massacranti e senza un’adeguata formazione per occuparsi di detenuti minorenni.