MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Rogoredo, il pellegrinaggio per una dose di droga di eroina: “Io non ho più sogni, ma qui ognuno si fa i fatti suoi”

Il viaggio ai margini della metropoli, dove l’unico obiettivo di centinaia di ragazzi è la ricerca di droga

Volontari a Rogoredo

Volontari a Rogoredo

“Io non ho più sogni". È vestita di nero e arriva dalla Valtellina. A Rogoredo in cerca di dosi di eroina, tre volte al giorno. "Preferisco la grande città perché nel paesino da cui provengo la gente chiacchiera. Sparla. Qui invece ognuno si fa i fatti suoi". Atteggiamento da dura. Ma quando le si chiede dei suoi sogni, gli occhi diventano subito lucidi perché uno le è rimasto: "Vorrei tanto viaggiare. Prima però devo uscire da questo inferno. Smettere è difficilissimo". Lei ha poco più di 30 anni. Aspetta paziente insieme ad altre persone di ogni età, giovani e anziani, maschi e femmine, italiani ma anche nordafricani, indiani, armeni e non solo, davanti ai tavoli a cielo aperto con sopra cibo e vestiti.

Tutti cercano beni materiali, ma soprattutto il conforto dei volontari che ogni mercoledì sera si sistemano in via Sant’Arialdo, nella piazzola di fronte al famigerato ex boschetto della droga che è stato ripulito nel 2019 dopo la stretta di controlli imposti dalla Prefettura.

I volontari nei dintorni della stazione ferroviaria di Rogoredo cercano di curare al meglio e aiutare centinaia di tossicodipendenti
I volontari nei dintorni della stazione ferroviaria di Rogoredo cercano di curare al meglio e aiutare centinaia di tossicodipendenti

Sono i “fantasmi” che popolano le nuove aree di spaccio, trasferite verso San Donato, lungo la spianata di terra sotto il cavalcavia dell’autostrada o vicino ai binari della ferrovia. Per raggiungere i pusher, a decine scavalcano le staccionate e rischiano la vita trovandosi accanto ai treni dell’Alta velocità. Ma in questa piazzola non sono più “fantasmi”: ritrovano un’identità, sono chiamati per nome. Si fidano dei volontari, raccontano le loro storie. Un uomo si confida: "Io ho provato talmente tanta sofferenza che la droga è l’unica cosa che mi è rimasta. Non mi interessa più di nulla. Stavo per entrare in comunità con la mia compagna. Lei era incinta, ha perso il bambino e l’ho trovata impiccata". Trovare una mano tesa per un aiuto, può fare la differenza.

“Noi facciamo il possibile. Certe storie fanno gelare il sangue", dice Simone Feder, psicologo volontario del “Team Rogoredo” che unisce realtà come La casa del Giovane, La centralina, Cisom, Vispe e Milano Sospesa. "La gente pensa che qui vengano solo “disperati”. In realtà vediamo di tutto. Anche ragazzini di buona famiglia. Arrivano per sfida, per noia, e poi si ritrovano intrappolati a Rogoredo. Non riescono a fare più a meno della droga. Ci sono anche ragazzini di 17 anni: mamme e papà mi implorano di salvarli".

E intanto la trappola di Rogoredo diventa sempre più pericolosa, "perché eroina e cocaina vengono tagliate con materiale sempre più scadente. Anche con veleno per topi e zolfo. Io ho visto persone con la pelle consumata dalle piaghe". Per esempio l’uomo investito e ucciso da un treno lo scorso 22 luglio: "Aveva la pelle della testa ridotta male".

Il dispiacere è grande anche per Giovanni Sala, morto la notte di domenica dopo aver cercato di entrare negli studi di Sky ed essere stato bloccato dai vigilanti.

Un altro uomo si avvicina, solleva i pantaloni e mostra le piaghe sulle gambe. "Quando qualcuno mostra ferite, di solito lesioni da buco, lo medichiamo – spiega la dottoressa Alessandra Marinoni –. Disinfettiamo, diamo l’antibiotico e applichiamo una protezione. Facciamo quello che possiamo. Per i casi più gravi invitiamo le persone ad andare in pronto soccorso. Ci sono capitate ferite con i vermi".

“Io – racconta un altro ospite della notte – arrivo dal Marocco. Ho 52 anni. Ho un bambino di 12 ma non lo vedo da tempo. Il mio pensiero fisso è Rogoredo: vengo qui nove volte al giorno".

Un incentivo è dato anche dai prezzi dello stupefacente crollati, perché le sostanze sono sempre più scadenti: per “tre punti”, 0,3 grammi di droga, possono bastare 15 euro. Tanti, come un ragazzo di 27 anni, vorrebbero rivolgersi ai Sert "ma i tempi sono lunghi", dice lui stesso. Annuisce don Diego Fognini, de “La Centralina” di Morbegno, una comunità di recupero per tossici e alcolisti. "Passano dei mesi per le valutazioni: chi vuole uscire dal tunnel, spesso si stanca e ci ricasca. Bisogna accorciare le tempistiche".

Interviene Feder: "Non ne usciremo continuando a pensare che il tossicodipendente sia il problema, quando invece il problema è la droga. E poi noi volontari dobbiamo essere sempre di più, occorre promuovere la cultura dell’altro in questa società dell’indifferenza". Tanti, già, hanno raccolto il suo appello. Per esempio Milano Sospesa: "Cerchiamo di portare ciò di cui la gente ha bisogno. In particolare indumenti e biancheria. Ma anche scarpe. E riusciamo grazie alle donazioni di aziende e persone comuni", fa sapere Michela Stassano, co-fondatrice. "Abbiamo procurato docce portatili. Quando vengo qui non percepisco mai pericolo. E a volte porto anche mia figlia".

Ad aiutare c’è anche Paolo Talenti, del McDonald’s di San Giuliano: "Porto panini, yogurt e acqua. Riusciamo a far mangiare carne a queste persone almeno una volta a settimana". Ma c’è un altro tipo di nutrimento: quello dato dai libri. La coda si forma anche alla “Biblioteca del bosco”, con tanti libri donati. "Molti con dedica. Ne abbiamo avuti anche da Liliana Segre, Carlo Lucarelli, Susanna Tamaro e Roberto Mancini. Anche le parole d’incoraggiamento possono aiutare a riprendere in mano la propria vita". Per scoprire come donare un libro con dedica, consultare il sito www.donaunlibroalbosco.org.

mail: marianna.vazzana@ilgiorno.net