Milano - A 75 anni dalla tragedia di Albenga, il Comune di Milano ha reso omaggio alle 44 piccole vittime dell'affondamento della motonave Annamaria, 38 delle quali milanesi (gli altri sei pprovenienti da Verona). Questa mattina l'assessore ai Servizi Civici e Generali, Gaia Romani, ha deposto una corona di fiori da parte dell'Amministrazione comunale davanti al memoriale eretto al Cimitero Maggiore.
LA TRAGEDIA
Era il pomeriggio del 16 luglio 1947 quando la barca a motore Annamaria con a bordo 82 bambini ospiti della colonia estiva di Loano del Fondo di Solidarietà Nazionale, istituita a favore dei bimbi dei reduci e dei partigiani, si inabissò a un centinaio di metri dalla riva. L'imbarcazione stava portando la comitiva in gita all'isola di Gallinara quando urtò uno dei pali di ferro (invisibile poiché la sommità era circa un metro sotto il livello dell'acqua) che sosteneva la condotta fognaria smantellata nel 1941. L'impatto provocò un largo squarcio nella chiglia che fece inabissare l'imbarcazione in circa un minuto.
L’Annamaria, carica di bambini che intonavano canzoni accompagnati dalla fisarmonica di uno degli adulti a bordo, distava soli 100 metri dalla riva in Regione Burrone, ad Albenga quando centrò il palo: l'impatto colse tutti di sorpresa e a bordo si scatenò il panico. I bambini terrorizzati si buttarono o caddero in acqua, ma nessuno di loro sapeva nuotare. I pochi bagnanti sulla riva videro la scena e si buttarono in mare per soccorrere i piccoli. Alcuni riuscirono a raggiungere la riva in qualche modo, altri furono tratti in salvo, ma per la maggior parte non ci fu nulla da fare. Il bilancio finale fu terribile: degli 81 bambini, tutti maschi di età compresa tra i 4 e gli 8 anni, solo in 37 si salvarono. Alla fine si contarono 44 bambini morti e tre educatrici.
I FUNERALI
La tragedia, con l'immagine delle piccole salme allineate in un padiglione della Croce Rossa di Albenga, scosse il Paese ed è ricordata come il più grave disastro del dopoguerra in cui hanno perso la vita dei bambini. I funerali si svolsero nel Duomo di Milano celebrati dall'arcivescovo Ildefonso Schuster, alla presenza dell’allora sindaco Antonio Greppi, di tutto il Consiglio comunale e di una folla silenziosa e commossa. I nomi di tutte le piccole vittime sono scolpiti nel monumento realizzato dallo scultore Giacomo Manzù al Cimitero Maggiore che raffigura Gesù circondato dai bimbi, con la frase del Vangelo di Matteo: «Lasciate che i piccoli vengano a me, perché di essi è il regno dei cieli».
IL PROCESSO
L'inchiesta per stabilire le responsabilità del naufragio durò anni: il 15 gennaio 1951 iniziò un processo che i giornali dell'epoca definirono delle “madri disperate”. Nel corso di una delle udienze si appurò che l’imbarcazione non era abilitata per il trasporto di persone ma solo per la pesca. Undici persone furono rinviate a giudizio per naufragio e omicidio plurimo colposo e durante le udienze furono presenti ben 22 avvocati, tra parte civile e difesa, circa 60 le persone che resero la loro testimonianza. Il processo però si concluse con un nulla di fatto e le responsabilità della tragedia non furono mai accertate.