Andrea Gianni
Cronaca

Treno deragliato a Pioltello, maxi richiesta di condanna: “Rfi non aveva bisogno di risparmiare sulla sicurezza”

I pm hanno chiesto cinque condanne: la pena più alta, 8 anni e 4 mesi di reclusione, per l'ex amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile e per il manager Umberto Lebruto. Nell’incidente morirono tre persone e oltre 200 rimasero ferite

Treno deragliato a Pioltello e, nel cerchio, l'ex ad di Rfi Maurizio Gentile

Treno deragliato a Pioltello e, nel cerchio, l'ex ad di Rfi Maurizio Gentile

Milano, 23 luglio 2024 – Rfi ha ricevuto nel quinquennio 2016-2021 “20 miliardi di euro dallo Stato, di cui la metà da destinare alla manutenzione”. La società che gestisce le infrastrutture ferroviarie “non aveva bisogno di risparmiare sulla sicurezza perché i fondi c'erano”, ma ha “accettato il rischio di una rottura dei giunti” manifestando così "slealtà verso lo Stato e quindi verso di noi, verso i lavoratori del servizio ferroviario e verso i pendolari che si fidavano dei treni".

Sono passaggi della requisitoria dei pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, che hanno chiesto cinque condanne (la pena più alta, 8 anni e 4 mesi di reclusione, per l'ex amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile e per il manager Umberto Lebruto) nel processo con al centro il disastro ferroviario di Pioltello nel quale il 25 gennaio 2018, in seguito al deragliamento del regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi, morirono tre persone (Giuseppina Pirri, Pierangela Tadini e Ida Milanesi) e oltre 200 rimasero ferite.

Da sinistra: Pierangela Tadini, Ida Milanesi e Giuseppina Pirri
Da sinistra: Pierangela Tadini, Ida Milanesi e Giuseppina Pirri

Hanno chiesto di applicare nei loro confronti le attenuanti generiche, considerando l'atteggiamento processuale e il "risarcimento" già corrisposto alle vittime. I pm hanno chiesto di condannare Rfi, unica società imputata, al versamento di 900 mila euro, mentre per altre posizioni hanno proposto l'assoluzione.

“Su quella linea era impossibile una manutenzione efficiente senza interrompere la circolazione - hanno argomentato i pm - ma questo comportava costi economici che l'azienda non accettava”. Resistenze non tanto a rallentare il traffico di treni regionali o merci, ma legate piuttosto all'alta velocità perché gli standard dell'alta velocità hanno “una rilevanza estrema sulle posizioni di mercato”. La tragedia, quindi, si sarebbe potuta evitare, e “un deragliamento a 50 chilometri orari non avrebbe provocato un disastro di queste dimensioni”.