di Marianna VazzanaMILANODue hanno trovato la morte nei lager tedeschi. Un terzo è tra le vittime dell’eccidio di piazzale Loreto del 10 agosto del 1944. Un tragico destino accomuna tre poliziotti della Questura di Milano che durante la Seconda guerra mondiale si schierarono per la Liberazione dal nazifascismo. Ora il ricordo si riaccende in via Fatebenefratelli 11 grazie alle tre “pietre d’inciampo“ incastonate ieri mattina sull’asfalto. Una per ciascuno: il vice brigadiere Giuseppe Prata, di 36 anni, e le guardie Emiddio Mastrodomenico e Angelo Molino, entrambi ventunenni. Un’iniziativa della polizia di Stato con il sostegno dell’Unione comunità ebraica italiana – nell’ambito del progetto “Senza memoria non c’è futuro“ – che ha aderito alla iniziativa Stolpersteine “Pietre d’Inciampo” ideata più di 30 anni fa dall’artista Gunter Demnig: le pietre d’inciampo sono dei piccoli blocchi quadrati ricoperti di ottone, ognuno dedicato a una vittima del nazifascismo. In tutta Europa oggi se ne contano oltre 70mila e, insieme, formano il monumento diffuso più esteso del continente. Ieri si è arricchito di altri tre tasselli dorati. Il primo è per Giuseppe Prata, nato il 20 novembre del 1908 negli Stati Uniti. Fu nominato guardia di polizia di Stato nel dicembre 1934 e poi promosso vice brigadiere nell’aprile 1943. È stato arrestato insieme ad altre 9 persone: una rappresaglia per l’uccisione di un soldato tedesco. Deportato in Germania, fu internato nel Lager di Flossenbürg, per l’esattezza nel campo satellite di Hersbruck il 7 settembre 1944, dove morì il 21 marzo 1945 "per insufficienza cardiaca". Emiddio Mastrodomenico nacque il 30 novembre 1922 a San Ferdinando di Puglia. A ottobre del 1941 entrò nel Corpo degli agenti di polizia di Stato come guardia. Fu arrestato la sera del 30 giugno 1944 dalla polizia tedesca in quanto fiancheggiatore dei Gruppi di azione patriottica milanesi. Fu tra i 15 partigiani fucilati per rappresaglia, dopo l’attentato dinamitardo contro un camion tedesco avvenuto l’8 agosto 1944 in viale Abruzzi, che causò numerosi morti e feriti e la cui responsabilità fu attribuita dai nazisti al gruppo partigiano dei Gap. Fu ucciso il 10 agosto 1944 in piazzale Loreto. Terza vittima è Angelo Molino, nato il 20 febbraio del 1924 a Reana del Rojale (Udine). Fu nominato guardia di polizia di Stato nel marzo 1942. Dopo l’8 settembre rientrò in clandestinità nella sua regione, il Friuli Venezia Giulia, e nel 1944 si schierò con la Resistenza combattendo con la Brigata Val Torre della III° Divisione Osoppo-Friuli. Catturato dai tedeschi nel settembre 1944, fu deportato nel lager Neuengamme e poi a Dachau dove morì per sevizie il 10 aprile 1945.
"Un percorso – parole del questore Bruno Megale – intrapreso nella consapevolezza che il ricordo di chi si è speso, anche a rischio della vita, sia il valore più grande cui ispirarsi per tutelare le libertà e i diritti ed evitare gli orrori del passato. Le pietre calpestate dai passanti creano nell’osservatore un “inciampo emotivo e mentale”". L’assessore alla Sicurezza Marco Granelli aggiunge che "le pietre devono essere un monito e un insegnamento. Troppe vite sono state spezzate da una folle ideologia. Ora dobbiamo questo tributo a chi ha aiutato le persone perseguitate e lottato per la libertà, pagando con la vita". Come "questi uomini della polizia di Stato", dice il prefetto Claudio Sgaraglia, che ha collegato la cerimonia al Giorno della Memoria: "Abbiamo assegnato medaglie d’onore a coloro che furono deportati nelle industrie belliche. Questi gesti servono a mantenere viva la consapevolezza di quanto accaduto, a sviluppare uno spirito critico e a riproporre anche ai giovani le nostre esperienze, in modo da evitare eccidi e stermini che hanno caratterizzato la metà del secolo scorso". Intervenuti rappresentanti di Aned - Associazione nazionale ex-deportati nei Lager nazisti, la Comunità Ebraica di Milano, Anps e Anpi.