MONICA AUTUNNO
Cronaca

Truccazzano, sparò ad Alessandra nel sonno. L’ex compagno a processo

Vena risponderà di omicidio aggravato dalla premeditazione

Antonio Vena ha sparato alla compagna nel sonno, uccidendola

Truccazzano (Milano) - Dopo averla uccisa con una fucilata al volto in piena notte si era presentato ai carabinieri: "Voleva lasciarmi, l’ho ammazzata". Il giudice ha deciso: andrà a processo in Corte d’Assise Antonio Vena, 47enne operaio ed ex guardia venatoria. Ha ucciso con un fucile a pompa, nella notte fra il 18 e il 19 aprile scorsi, la compagna Alessandra Cità, sua coetanea e tranviera dell’Atm. Il delitto che annichilì la piccola Truccazzano si consumò in pieno lockdown e del lockdown fu in qualche modo figlio: l’uomo, che viveva e lavorava altrove, era in ferie forzate, ospite della compagna da alcuni giorni. Vena va in Corte d’Assise su decisione del gup di Milano Alessandra Simion, che ha accolto la richiesta del pm Giovanni Tarzia e mantenuto le aggravanti della premeditazione e della relazione sentimentale.

Il delitto fu terribile, la vicenda, in linea di massima, ricostruita. Stando all’indagine chiusa nelle scorse settimane, i due, coetanei, avevano una relazione sentimentale da 9 anni. Per molti motivi vivevano lontani. Vena a Bressanone, in provincia di Bolzano. Alessandra, ricordata da tutti come una donna energica, e solare, in un appartamento della frazione truccazzanese di Albignano. L’emergenza coronavirus della primavera scorsa aveva lasciato però lui in ferie forzate. Da un paio di settimane l’uomo si era trasferito in casa di Alessandra. Che, si disse, aveva accettato di ospitarlo, ma non nascondeva l’intenzione di interrompere il rapporto. In quella terribile notte l’uomo esplose contro la donna, probabilmente addormentata, un unico colpo fatale. Poi si costituì. I rilievi dei carabinieri si svolsero, la popolazione chiusa in casa per decreti, in un surreale clima di silenzio, squarciato solo dai pianti delle amiche della donna, e dal grido straziante della sorella: "Me l’ha uccisa".

Il paese attende giustizia e non ha mai dimenticato Alessandra Cità. Poche sere dopo il delitto, la frazione era stata illuminata a giorno da candele sui balconi. Nel luglio scorso la posa, in un parco poco lontano dall’appartamento teatro del delitto, di una panchina rossa, in sua memoria. Alla cerimonia avevano partecipato le autorità, molti amici e conoscenti, e la sorella e il cognato d Alessandra, "donna buona, vittima di codardia e crudeltà. Dell’arroganza di un uomo padrone". L’operaio aveva già alle spalle due denunce per violenza, presentate dall’ex moglie.