ANDREA GIANNI
Cronaca

Le barriere dopo il tumore, non tutelata 1 donna su 2: “Restiamo tagliate fuori”

Cancro al seno, l’indagine sulle conseguenze lavorative sulle pazienti. Per il 91,8% è fondamentale il ritorno all’occupazione. “Favorire i percorsi”

Donne e lavoro

Donne e lavoro

Milano – Quasi la metà delle donne, dopo una diagnosi di tumore al seno, non si è sentita tutelata dalle leggi che regolano il mercato del lavoro. E la malattia, per il 18,3% delle intervistate, ha avuto “effetti significativi sulla vita lavorativa”, più ancora che su quella familiare. Una fotografia scattata da un’indagine Euromedia Research che ha coinvolto 219 donne, in cura per tumore al seno negli ospedali dell’area metropolitana di Milano, effettuata nell’ambito del progetto Althea. Iniziativa, con ente capofila Afol Metropolitana in collaborazione con Europa Donna Italia, Euromedia Research, il Comune di Milano e i Piani di Zona, inserita nel piano Emergo 2022 della Città metropolitana, che ha l’obiettivo di sostenere le donne che, dopo una diagnosi di tumore al seno, desiderano rientrare nel mondo del lavoro. L’occupazione, per il 91,8% delle intervistate, rappresenta “un’importante opportunità di ripartenza e di recupero della normalità”. Solo che il percorso per tornare a una stabilità lavorativa è costellato da ostacoli. “Sono sempre stata convinta – spiega Diana De Marchi, consigliera delegata alle Politiche al Lavoro della Città metropolitana di Milano – che la cura delle persone stia nelle relazioni e le relazioni siano la cura per superare insieme difficoltà e ostacoli”.

Dallo studio è emerso che la diagnosi di tumore al seno ha avuto per le donne intervistate un forte impatto sulla loro identità (53%), seguito da effetti significativi sulla vita lavorativa (18,3%), prima ancora che familiare (11,4%) e sociale (2,7%). La ricerca ha anche evidenziato che quasi la metà delle donne intervistate (44,8%) non si è sentita tutelata dalle leggi che regolano il mercato del lavoro e il 72,6% giudica insufficiente il livello di informazioni ricevute in merito alle normative e agevolazioni previste per il rientro nel mondo del lavoro. La maggior parte delle donne ha espresso la necessità di punti informativi in luoghi strategici come ospedali e centri per l’impiego, per facilitare l’accesso alle informazioni.

La ricerca ha inoltre sottolineato che i principali interlocutori capaci di favorire il rientro al lavoro sono i servizi per il lavoro (31,1%), seguiti dagli ospedali (18,7%), dalle associazioni di categoria (12,8%), dai sindacati (12,3%) e dai servizi sociali (5,5%). Infine, quando è stato chiesto alle donne di rappresentare il loro rapporto tra lavoro e malattia, la parola più comune è stata “normalità”, seguita da “comprensione” e “salvezza”, a conferma dell’importanza che il lavoro ha nel processo di recupero psicologico e sociale delle pazienti oncologiche.

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Il progetto, secondo il direttore generale di Afol Met Tommaso Di Rino, “ha messo in evidenza non solo l’importanza del lavoro come occasione di rilancio personale e ritorno alla normalità, ma anche la necessità che si passi dalla sperimentazione all’ordinarietà”. Risultati che, sottolinea la presidente di Europa Donna Italia Rosanna D’Antona, “indicano con chiarezza i gap da colmare”. In campo anche Elena Lattuada, delegata del sindaco Giuseppe Sala alle Pari opportunità: “É una buona prassi su come accogliere le donne che rientrano al lavoro, che può e deve riguardare anche il Comune di Milano”.