di Andrea Gianni
MILANO
Una stringata comunicazione, ricevuta dai rider di Uber lasciati a casa dopo la decisione della multinazionale statunitense di abbandonare il mercato italiano, è la prima conseguenza della sentenza pilota del Tribunale del Lavoro di Milano. Uber Eats italy fa una premessa, chiarendo l’intenzione di impugnare il decreto perché "ne contesta contenuti e conclusioni". Poi spiega ai rider che "la comunicazione in oggetto deve ritenersi allo stato revocata", con riferimento all’altrettanto stringata email con cui era stata notificata la disattivazione dell’account. Un reintegro “obtorto collo“ rispettando formalmente la decisione del giudice che, accogliendo il ricorso della Cgil di Milano, aveva ritenuto "illegittimo" il licenziamento di fatto di circa quattromila rider di Uber Eats in Italia ordinando la revoca almeno per i ciclofattorini con account attivo fino allo scorso 14 giugno.
Rider, da sempre inquadrati come autonomi, che non possono tornare al lavoro perché la multinazionale ha cessato le attività di delivery. Ma il reintegro è il primo passo verso la trattativa sindacale, ancora da aprirsi, che potrebbe sfociare in un maxi-risarcimento per i mesi di lavoro persi. "Il Tribunale del Lavoro ha emesso una sentenza fondamentale per i diritti di questa categoria di lavoratori – spiega Andrea Bacchin, sindacalista Nidil-Cgil – che in questo periodo continuano a subire un abbassamento dei propri compensi, sottoposti a un sistema che spinge a correre e ad esporsi a rischi per effettuare il maggior numero possibile di consegne". Tre euro e 78 centesimi lordi, ad esempio, per effettuare una consegna da viale Stelvio a via Piero Capponi, coprendo una distanza di 4.7 chilometri. Quello che resta in tasca, dopo un’ora di lavoro, è ben poco. Una paga media, secondo una rilevazione della Nidil-Cgil di Milano sulle retribuzioni dei rider iscritti, di circa 930 euro al mese lavorando a tempo pieno e pedalando tutti i giorni.
Una categoria esposta anche al rischio di incidenti stradali. L’ultimo mercoledì sera, attorno alle 21.30, in via Maroncelli, zona Porta Garibaldi. Un rider di 31 anni, impegnato in una consegna, è stato investito da un’auto nei pressi dello spazio per l’attraversamento delle biciclette accanto alle strisce pedonali. La bicicletta è stato sbalzata ad alcuni metri di distanza: l’uomo è rimasto riverso a terra e alcuni testimoni hanno chiamato il 118. Gli operatori, poi, lo hanno soccorso e trasportato al Policlinico. Si è conclusa intanto con un accordo sindacale la procedura di licenziamento collettivo per i 300 dipendenti in Italia (rider, picker e personale amministrativo) della tuca Getir, che si è ritirata dal risiko delle consegne a domicilio. Rider che, in questo caso, erano inquadrati come dipendenti. "Seppur nella drammaticità del dover gestire la perdita di lavoro e la chiusura di un’azienda – spiega Mario Grasso, della Uiltucs – l’accordo ha prodotto passi avanti importanti riconoscendo al suo interno, oltre a un importante sostegno economico legato all’anzianità di servizio, il riconoscimento retributivo del corretto inquadramento". Riconosciuto, quindi, il diritto all’indennità di disoccupazione Naspi.