Nessuna ulteriore perizia psichiatrica, nessuno sconto di pena e nessuna attenuante. Aurelio Galluccio, 65 anni, resterà in carcere a San Vittore a scontare l’ergastolo per avere ucciso, il 31 agosto del 2019, la moglie Adriana Signorelli, di 59 anni, perché voleva separarsi. Cinque coltellate al cuore, perché “lei non mi voleva più“ e poi l’oltraggio di averla lasciata a terra, in agonia, con il corpo straziato, steso tra la cucina e il balcone.
La difesa dell’uomo, con gli avvocati Cinzia Valnegri e Alessandro Perna, aveva chiesto la rinnovazione dell’istruttoria e una nuova perizia psichiatrica per valutare la sua reale capacità di intendere e di volere al momento del fatto. La Corte d’Assise d’Appello di Milano, presieduta da Giovanna Ichino, ha respinto ogni richiesta. «L’imputato è sempre stato lucido - spiega la Corte - orientato nel tempo e nello spazio. Salvo virare, quando è necessario, su una espressività eccessiva, drammatica e fortemente narcisistica».
Adriana Signorelli quattro giorni prima di morire aveva attivato la procedura del “Codice Rosso“, la procedura allora appena introdotta dalla legge a tutela delle vittime di maltrattamenti in famiglia, stalking e violenze sessuali. Per i giudici ulteriori perizie ed accertamenti potrebbero rivelarsi “l’ultima occasione utile per trarne lucro processuale, oltre ad assecondare per compiacenza le obiezioni logiche dell’interlocutore, l’imputato ipotizza la possibilità che possa essere stato qualcun altro. (...) Talora assume un atteggiamento coinvolto ed emotivo fino a diventare teatrale. (...). E mostra una tendenza all’enfatizzazione persino della propria patologia respiratoria con tendenza all’abusare dell’uso di ossigeno senza rendersi conto degli svantaggi di tale pratica“. Interrogato in dibattimento, Galluccio ha raccontato di aver “sentito una voce che gli diceva morte, morte, vai Aurelio è arrivata l’ora”. Poi in un secondo momento, al contrario diceva “di non ricordare nulla ad eccezione del fatto di non essere lui l’autore dell’omicidio”. Quindi, durante la permanenza in carcere a distanza di un anno ha composto uno scritto in cui, ripercorrendo i fatti diceva: “Mi ero autoconvinto di essere stato io. Ora ho un scorcio di lucidità e memoria e ricordo che c’era anche un’altra persona che io conosco“.