Ergastolo, in parziale riforma del primo grado che aveva punito con 30 anni l’autore del massacro della 26enne Carol Maltesi. La Corte d’Assise d’Appello di Milano, riconoscendo la premeditazione e la crudeltà, ha aggravato la condanna emessa dal tribunale di Busto Arsizio per Davide Fontana, l’ex bancario di 45 anni, food blogger per passione, separato, con un figlio piccolo, che ha ucciso a martellate la ex fidanzata mentre giravano insieme un video hard da vendere su OnlyFans. Lei era incappucciata e legata a un palo da lap dance, quando lui inizia a colpirla alla testa con un grosso martello. Lo farà per ben 13 volte, prima di finirla con una coltellata alla gola, occultare il cadavere e depezzarlo nel monolocale di lei, a Rescaldina, nel milanese, l’11 gennaio del 2022.
"È stata fatta giustizia, nessuno ha diritto di togliere la vita a un’altra persona", ha commentato dopo un pianto liberatorio Anna, la zia di Carol Maltesi. "Il figlio, quando sarà un uomo, saprà che chi ha ucciso sua madre ha avuto l’ergastolo", hanno aggiunto Anna Maria Rago e Manuela Scalia, legali dei genitori di Carol.
In Appello, la Corte ha accolto in pieno le tesi del sostituto procuratore generale Massimo Gaballo e della difesa delle parti civili secondo cui Fontana pianificò di uccidere la Maltesi quando lei annunciò di voler tornare a vivere a Verona per stare accanto a suo figlio piccolo che viveva con i nonni paterni: in questo si sostanzia la premeditazione. Lui che, per sua stessa ammissione, aveva sempre avuto "una vita grigia, monotona e insignificante" e, invece, aveva sperimentato con Carol "un nuovo rapporto vivo e vitale", non riusciva più a sopportare la frustrazione dell’abbandono. Inoltre, era geloso del nuovo fidanzato della Maltesi, con il quale lei avrebbe condiviso sia il suo futuro sentimentale sia quello lavorativo, togliendo a lui anche la fonte di guadagno dei video su OnlyFans. I giudici milanesi hanno riconosciuto anche l’aggravante della crudeltà, negata in primo grado, perché le modalità dell’omicidio andarono oltre quanto sarebbe servito per finirla, determinando così quella che in senso giuridico, non morale, si definisce "crudelta". L’ex bancario milanese, poi, comprò un’accetta e un seghetto che utilizzò per fare a pezzi il cadavere post mortem e un freezer a pozzetto su Amazon dove nascose poi i resti, non riuscendoli a bruciare tutti come aveva tentato di fare. Per 70 giorni poi, aveva tenuto il corpo di Carol dentro il monolocale di lei, sapendo benissimo che il padre viveva in Olanda e che la madre era invalida a casa. Sapeva che nessuno sarebbe andato a cercarla. Il corpo a pezzi era poi stato messo in dei sacchi neri e abbandonato nelle campagne del Bresciano.
Come aveva già fatto nel processo di primo grado, Fontana, ieri, con dichiarazioni spontanee, ha chiesto perdono all’inizio dell’udienza: "Mi scuso con tutti per la cosa orribile che ho fatto, in particolare ai genitori di Carol, soprattutto a suo figlio – ha detto –. So che sembro distaccato quando parlo, invece provo grande dolore e grande sofferenza e ogni giorno penso a quello che ho fatto. Sono fermamente deciso a voler riparare, per quanto possibile, alle mie azioni". Fontana è stato condannato a risarcire 168mila euro alla madre di Carol (in primo grado il risarcimento era stato di 50mila euro) e 180mila euro al figlio di 7 anni della donna uccisa. Il difensore dell’ex bancario Stefano Paloschi, che non ha rilasciato commenti dopo la sentenza di ergastolo, spiega: "Non esistono mostri, esistono persone che fanno cose mostruose, la giustizia riparativa è una cosa seria. E lui vuole riparare".