di Stefania Totaro
Una terza perizia psichiatrica in incidente probatorio per Lorenzo D’Errico, il 36enne che ha confessato di avere ucciso lo scorso dicembre nella loro casa a Cusano e poi bruciato in un capannone di Cerro Maggiore il padre Carmine, 65 anni, pensionato vedovo e malato di un cancro incurabile. A disporla è stata ieri la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza Francesca Bianchetti dopo che sono risultate di segno opposto la consulenza psichiatrica fatta eseguire dalla pm della Procura di Monza Franca Macchia e quella dell’esperto nominato dalla difesa del 36enne. La decisione del magistrato di sondare lo stato mentale di Lorenzo D’Errico è venuta dopo il lungo interrogatorio del marzo scorso in cui l’uomo ha raccontato che il movente dell’omicidio non è, come ipotizzato, l’eredità ma il rapporto teso col genitore a causa di presunti maltrattamenti subìti dal 36enne sin dalla sua infanzia. Era proprio sulla possibilità che questi rancori potessero avere inciso sulla capacità mentale del 36enne che la perizia doveva fare luce, ma ha concluso con la piena capacità di intendere e di volere dell’indagato. Secondo la consulenza psichiatrica presentata dagli avvocati della difesa, invece, il 36enne è stato spinto ad uccidere a martellate il padre da un improvviso raptus di follia che lo ha reso quantomeno seminfermo di mente. Necessario a questo punto per la gip monzese disporre una terza perizia d’ufficio, nella forma dell’incidente probatorio.
A febbraio la perizia verrà discussa e a quel punto la pm procederà a firmare la conclusione delle indagini sulla base del responso del perito della giudice sulla malattia mentale. Lorenzo D’Errico aveva raccontato a "Chi l’ha visto?" una versione sulla scomparsa del padre che i carabinieri non avevano ritenuto credibile finchè a febbraio era stato sottoposto a fermo per omicidio volontario aggravato e distruzione di cadavere dopo che il 21 gennaio, nell’ex Brenta di Cerro, era stato scoperto un corpo semicarbonizzato da alcuni ragazzi entrati per girare un video. Il 36enne, che prima aveva raccontato agli inquirenti che il padre se ne era andato da casa per trascorrere il Capodanno con amici, poi aveva paventato l’ipotesi del suicidio, al terzo interrogatorio dopo il fermo ha aiutato gli investigatori a ricostruire gli eventi di quei giorni: dalle martellate inflitte al padre, al cellulare cambiato qualche giorno dopo il delitto. E poi l’auto della fidanzata (che era all’estero) presa e lavata con la varechina, dopo averla usata per trasportare il cadavere.