
TRASLOCO Fabrizio Lutti, ultimo artigiano degli ex Magazzini Raccordati, a fine mese se ne andrà (Newpress)
Milano, 2 novembre 2015 - La luce al neon illumina le pareti scure. Ferro, attrezzi sparsi sul tavolo e per terra fanno da arredamento sotto la volta umida del soffitto. Il timore è che da qualche angolo possa spuntare un topo. «Ne è entrato uno la settimana scorsa, dalla strada. Spero sia uscito così com’è entrato». Via Sammartini 122. Il laboratorio di costruzioni in ferro e riparazioni è l’ultima attività artigianale rimasta nei Magazzini Raccordati della Stazione Centrale. Ancora per poco. «Il contratto con Grandi Stazioni – spiega il fabbro Fabrizio Lutti, 52 anni, che ha iniziato a lavorare lì quando ne aveva 19 – scadrà a fine mese». Senza troppi giri di parole, dice che più di 3mila euro al mese di affitto sono troppi da pagare e ha scelto di andar via. I battenti chiuderanno dopo oltre mezzo secolo di vita. Il portone è in fondo, dove la strada termina con la benedizione della Madonna racchiusa in una piccola grotta. Si spalanca su un “open space” di 380 metri quadrati. Lutti è l’ultimo testimone di una realtà andata scomparendo nell’ultimo quarto di secolo.
Un tempo c’era chi vendeva olio e vino, in un Magazzino esisteva una segheria, in un altro c’era chi riforniva di articoli ristoranti e alberghi. Via Sammartini viveva di notte, con gli operatori del mercato ittico e i distributori di giornali. Ora è il deserto. Con la chiusura della bottega del fabbro sparirà l’ultimo filo diretto col passato. E i Magazzini Raccordati, 40mila metri quadrati che si sviluppano sotto i binari, continueranno ad aspettare il loro rinascimento. La storia del fabbro è stata raccolta insieme ad altre dal Gruppo FAS (Ferrante Aporti Sammartini) che ha pubblicato un libro sui Magazzini Raccordati. «Avevo 19 anni quando sono arrivato qui, dal Lago Maggiore, per lavorare con mio zio – racconta Lutti –, ho imparato il mestiere di fabbro, poi ho lavorato altrove e infine sono tornato in via Sammartini. È una passione di famiglia, l’ho ereditata da due zii».
Come si svolge una giornata tipo? «Di giorno vado dai clienti. Alle 17 arrivo in laboratorio, dove ci sono i miei collaboratori». Ora sta cercando uno spazio alternativo in zona. Ha scelto di andar via anche per la situazione manutentiva. «Piove dentro. Fino a qualche tempo fa mettevamo per terra i secchi, poi abbiamo optato per delle barriere di plastica ondulata». Non solo. «Il portone di legno, originale, che si affacciava sui binari dismessi, era stato corroso dai topi. Abbiamo dovuto mettere delle lamiere per blindare il passaggio». L’ultima bestiolina è entrata dalla parte opposta. «Forse disturbata dai lavori in corso, per smantellare lo Shanghai Cafè».
di MARIANNA VAZZANA