MARIO CONSANI E NICOLA PALMA
Cronaca

Milano, addio alla bella vita per l’ultrà nullatenente

Il leader del tifo milanista Luca Lucci per la Questura è pericoloso: confiscato il patrimonio da 1,2 milioni, "frutto di attività illegali"

Luca Lucci, ultrà della tifoseria del Milan

Milano, 22 luglio 2020 - I giudici gli hanno reso solo due fedine con le incisioni «papà» e «mamma» e un Rolex modello Explorer con lo stemma del Milan, regalo del «Barone» Giancarlo Capelli. Tutto il resto del patrimonio di Luca Lucci, leader della Curva Sud del Milan reso “famoso“ dalla foto con l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini all’Arena Civica, è stato confiscato dalla Sezione autonoma Misure di prevenzione del Tribunale di Milano, presieduta da Fabio Roia: un tesoro da 1,2 milioni di euro che, secondo le indagini della polizia, il trentottenne avrebbe accumulato in maniera illegale e con una macroscopica sproporzione rispetto ai redditi in chiaro. Da dove arrivavano i quattrini? Non certo dall’impiego da elettricista in una società di via Turati né da quello di cameriere del Clan 1899 (di cui era il gestore-ombra), il locale di Sesto San Giovanni che ospitava le riunioni del direttivo della Sud e che è emerso in alcune inchieste come crocevia dei «lucrativi traffici nel settore degli stupefacenti». 

Per la Divisione Anticrimine della Questura, guidata da Alessandra Simone, il «Toro» in realtà «traeva le sue fonti di sostentamento, almeno in parte, da attività illecite». A cominciare dalla droga. Del resto, si legge nel provvedimento, «Lucci è emerso in diverse indagini come soggetto implicato nel traffico di stupefacenti gestito dalla criminalità organizzata, essendo stato più volte segnalato quale affidabile intermediario ovvero acquirente di grossi quantitativi riservati alla vendita al dettaglio». Le prime tracce risalgono al 2007, quando il collaboratore di giustizia Luigi Cicalese lo descrive come uomo di fiducia di Daniele Cataldo («Smerciava cocaina e lavorava in modo serio»), personaggio «di elevatissimo spessore criminale».

Nel 2012, Lucci finisce in un’altra indagine su un maxi carico da tre tonnellate di hashish sequestrato a Imperia e diretto a Massimiliano Cauchi, narcos di primo livello che di recente si è visto sequestrare dalla Mobile 15 milioni di euro, nascosti dietro un muro. E poi il blitz del 2018, con l’arresto per droga e il patteggiamento a un anno e mezzo, e l’inchiesta della Procura di La Spezia su una partita di hashish da 200mila euro importata dal Marocco, poi archiviata. Con quel denaro, rientrato in varie forme sui suoi conti, Lucci avrebbe finanziato l’acquisto di una villetta nella Bergamasca (l’acconto da 50mila euro sarebbe stato in parte coperto da 7 bonifici per 69mila euro arrivati dalla maltese Centurionbet, società già emersa in un’indagine per riciclaggio di capitali “sporchi“ della Dda di Catanzaro), fatto acquisti nelle boutique di lusso (in un solo giorno è riuscito a spendere 4.500 euro) e organizzato decine di viaggi all’estero.

Non basta. Sì, perché il Tribunale ha ritenuto provata pure la «pericolosità sociale» di Lucci, in virtù delle amicizie con una sfilza di pregiudicati e dei precedenti da stadio (il più grave, nel derby nel 2009, costò un occhio al supporter interista Virgilio Motta, mai risarcito e suicidatosi nel 2012). Per 3 anni sarà sorvegliato speciale: dovrà rincasare prima delle 22, stare lontano da Milano e Sesto e a tre chilometri da tutti gli stadi italiani, Meazza in primis. Un re senza regno.