
di Alessandra Zanardi
"Un impianto per produrre biogas, che tratterà 107 mila tonnellate di rifiuti all’anno, con un contorno di traffico e cattivi odori". Le associazioni e i comitati ambientalisti esprimono preoccupazione per la struttura che, sulla base di un progetto di Cap-Neutalia, è prevista a Rozzano, nell’area dell’attuale depuratore. I timori riguardano soprattutto l’impatto ambientale, visti anche i quantitativi che, nelle intenzioni, saranno trattati. "Per quanto riguarda la gestione della frazione organica dei rifiuti – fanno sapere gli ambientalisti – l’impianto non risponde a una esigenza del territorio, al quale arrecherà solo danni, puzze, traffico e conflittualità. Il biodigestore, che dovrebbe produrre energia per l’impianto, brucerà, secondo la tabella dei codici europei dei rifiuti contenuta nel progetto, medicinali scaduti, scarti alimentari, rifiuti chimici e fanghi di depurazione, civili e industriali".
Secondo il fronte dei contrari, si rende necessaria una valutazione ambientale per esaminare le ricadute della struttura sul territorio. "Pressoché tutti gli impianti di trattamento della frazione organica dei rifiuti – proseguono gli ambientalisti – per generare biogas e, in seguito, biometano, producono forti impatti odorigeni su un’area molto estesa. L’aumento del traffico di mezzi pesanti è fisiologico, senza contare che strutture del genere sono catalogate ad alto rischio, in particolare per incendi ed esplosioni".
Dal canto suo, il gruppo Cap, gestore del servizio idrico nel Milanese, fa presente che il progetto, in fase di autorizzazione "ha l’obiettivo di valorizzare, all’interno dei biodigestori, rifiuti organici liquidi o imballati non pericolosi, per esempio scarti dei succhi di frutta o agroalimentari, come yogurt e confezioni di latte, per produrre biogas tramite digestione anaerobica, un processo naturale già attivo da tempo a Rozzano, applicato ai fanghi di depurazione". Il progetto, prosegue l’azienda, "è stato condiviso in diverse occasioni con le istituzioni locali ed è stato presentato per l’autorizzazione a Città metropolitana, che ha escluso la necessità di una valutazione d’impatto ambientale". Cap ricorda che i depuratori del gruppo – oltre a Rozzano ci sono Bresso, Robecco e San Giuliano – si stanno evolvendo verso un futuro di bioraffinerie, in cui "dai reflui fognari si possano ricavare sostanze preziose per l’agricoltura e l’industria".