LUCA TAVECCHIO
Cronaca

Una morte umana per Vallanzasca: "Non si ricorda neanche più chi era"

L’appello dell’ex moglie Antonella D’Agostino: "È malato e ormai ha trascorso cinqunt’anni in carcere. Non era uno stinco di santo e non lo sarà mai, ma ha pagato più di serial killer e spietati aguzzini".

Una morte umana per Vallanzasca: "Non si ricorda neanche più chi era"

Una morte umana per Vallanzasca: "Non si ricorda neanche più chi era"

"Non è più lui. Non si ricorda neanche chi era. Per usare le sue parole, è ’fuori di testa’". Così Antonella D’Agostino, ex moglie di Renato Vallanzasca, rilancia l’appello affinché l’ex boss della Comasina "per farlo vivere con quel che resta nella sua mente annebbiata uno scorcio di vita un pò più umano".

Sono lontani i tempi del bel Renè, della Lígera padrona della città. Delle rapine, gli omicidi, le evasioni. Lontanissimi i sorrisi beffardi in favore di macchina fotografica. Vallanzasca ha compiuto da un mese 74 anni, quasi cinquanta dei quali trascorsi in carcere, dove ancora sta scontando quattro ergastoli. "Faccio un appello - dice D’Agostino - affinchè siano disposti a fargli passare gli ultimi anni della sua vita in un ricovero".

D’Agostino conosce Vallanzasca dalla fine degli anni 50, quando entrambi erano bambini e il futuro bandito più famoso di Milano si era da poco trasferito al Giambellino, affidato alla moglie di suo padre dopo la celebre liberazione degli animali del circo, precoce esordio criminale carico di suggestioni e significati simbolici. Antonella e Renato si sposarono però solo nel 2008, quando ormai il fuorilegge che sfidava - e ammazzava - poliziotti e carabinieri era ormai solo un’immagine del passato. Divorziarono dieci anni dopo, anche se la donna avvertì subito: "Umanamente rimarrò sempre legata a Renato e lui potrà sempre contare su di me. Continuerò a lottare perché possa uscire dal carcere". E così è stato. Negli anni infatti suoi appelli si sono ripetuti. Caduti ogni volta nel vuoto. Anche perché le occasioni di uscire che Vallanzasca ha avuto, le ha bruciate tutte. Ogni volta pizzicato a violare i termini dei permessi di lavoro di cui ha goduto dal 2010. L’ultima volta nel 2014: sorpreso a rubare in un supermercato due mutande, un paio di cesoie e del concime. E proprio di quell’episodio D’Agostino prova a dare una diversa lettura: "Nessuno si è chiesto perché un uomo che ha riconquistato con tanta fatica la luce del sole rubi un paio di mutande, vanificando gli sforzi di anni. Nessuno si è chiesto se fosse già malato".

"Lancio un appello - conclude la donna - l’ennesimo, perché la giustizia consideri saldato quel conto con Renato. Non era uno stinco di santo e non lo sarà mai, ma ha pagato più di serial killer e spietati aguzzini per un’indomita sfacciataggine oltre che per reati che, lo voglio ricordare, ha compiuto in poco più di due anni di vita criminale. Nessuna giustificazione. Vallanzasca è simbolo di qualcosa che non è mai stato davvero. Ha colpito l’immaginario di una generazione. E forse renderlo invisibile ha contribuito a farne un mito. Ora basta. Vi prego. Lasciamo che Renato Vallanzasca muoia in pace e non da solo".