REDAZIONE MILANO

Una pentola a pressione: "Quartiere dimenticato tra violenza e degrado"

I residenti: abbiamo paura, tutto è cambiato in peggio

Una pentola a pressione: "Quartiere dimenticato tra violenza e degrado"

Una pentola a pressione: "Quartiere dimenticato tra violenza e degrado"

"Io ho due figlie di 19 e di 23 anni. Quando tornano a casa la sera vado sempre a prenderle perché non si sa mai. Io in questa zona ci sono nato, più di mezzo secolo fa. Ma è cambiato tutto in peggio". Diego vive accanto a via Varsavia, lo stradone in cui ieri notte è stato ucciso Jhonny Suleymanovic, nomade 18enne, mentre dormiva nel suo furgone "in un tratto che è meta di carovane. Attorno l’asfalto diventa toilette. Le fontanelle del parco sono usate per lavarsi, le recinzioni per stendere i panni. La strada è un accampamento" che di notte viene inghiottito dal buio, tra le barriere dell’Ortomercato e i condomìni. I residenti segnalano "discussioni continue, urla notturne", la punta di un iceberg in questo spicchio di Milano della periferia sud est che è come "una pentola a pressione", stretto tra il campo nomadi di via Bonfadini abitato da oltre 90 persone italiane, di cui 30 bambini, dove a dare il benvenuto è un cimitero di veicoli carbonizzati, una baraccopoli abusiva sorta di fianco, e che si ingrandisce sempre di più, e piazzale Cuoco e dintorni, che la domenica è “un suk“ con lenzuola stese a terra e oggetti in vendita (senza permesso). A completare lo scenario, la situazione nelle case popolari di via Del Turchino, "con cantine che diventano depositi e rifugi non autorizzati, pieni d’immondizia". Capita che gli animi si scaldino con niente. In questo angolo di città, il 19 giugno di un anno fa era scoppiata una maxi rissa tra 60 persone con bastoni, bottiglie e coltelli: 7 erano stati i feriti, di cui uno grave. A innescare la miccia, la discussione tra due uomini per un posteggio in via Faà di Bruno. Si erano unite le rispettive famiglie, tutte di etnia rom, con anche donne e bambini.

Guerriglia e occupazioni fanno a pugni con i progetti di rilancio della zona. Il primo riguarda l’Ortomercato e l’ambizione di trasformarlo nell’Hub agroalimentare italiano con il progetto Foody 2025. I nuovi padiglioni, alcuni già realtà, allontanano anche le ombre del passato. Oltre trent’anni fa la commissione antimafia evidenziava “le mani“ dei clan calabresi di Africo e dintorni. Negli anni scorsi è venuto a galla più volte anche il caso dei fantasmi che scavalcavano di notte la recinzione per lavorare in nero all’interno dell’immensa area. Oggi, volgendo lo sguardo all’insù, si vede il filo spinato.

Tra i prossimi obiettivi, come annunciato dal Comune 8 giorni fa, c’è la chiusura del campo rom di via Bonfadini: in vista, la rigenerazione urbana dell’area, che verrà consegnata a SogeMi per il completamento del progetto dei nuovi mercati all’ingrosso mentre è in corso pure la grande trasformazione della zona Molise-Calvairate con la realizzazione del progetto Aria ai padiglioni dell’ex Macello, con residenze, uffici, laboratori, spazi commerciali, uno studentato e non solo. Un futuro che però, dallo stradone di via Varsavia, oggi sembra lontanissimo.

m. v.