Ruben
Razzante*
Il governo Meloni ha deciso di fare a meno del Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale. Il nuovo esecutivo intende decentrare le iniziative in materia di digitale, suddividendole tra i vari ministeri potenzialmente competenti, da quello per la pubblica amministrazione a quello dello sviluppo economico (peraltro diventato Ministero per le imprese e il made in Italy), senza trascurare l’apporto che potrà dare su quel fronte il Dipartimento informazione ed editoria di Palazzo Chigi. Solo alla prova dei fatti si potrà valutare se sia stato opportuno smantellare la struttura sin qui diretta da Vittorio Colao. Di per sé un ministero ad hoc non è garanzia di sensibilità verso un tema. Fatto sta che i molteplici progetti di digitalizzazione inseriti nel Pnrr sono stati seguiti da quel ministero, che è riuscito a imprimere una spinta non da poco alla pianificazione delle iniziative di sviluppo tecnologico, finalizzate alla modernizzazione del Paese. Una delle eredità del governo Draghi è la Piattaforma digitale nazionale dati (Pndp), prevista dal Pnrr e realizzata dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio (struttura di supporto all’ormai ex Ministro Colao) e da PagoPA s.p.a.. Si tratta di una piattaforma che consente lo scambio di informazioni tra gli enti e la pubblica amministrazione e favorisce l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi dati pubbliche. È stato pubblicato il primo avviso da 110 milioni di euro: i Comuni interessati ad aderire alla piattaforma possono presentare la loro domanda entro il 17 febbraio 2023, su Pa digitale 2026, ricevendo un voucher economico predefinito calcolato in base alla dimensione dell’ente. La Pndp si basa sull’inserimento di informazioni una sola volta, per permettere a cittadini e imprese di non dover più fornire i dati che la Pa già possiede per accedere a un servizio. *Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica