Milano, 14 marzo 2024 – Per la lezione di geografia ci si proietta a Kathmandu, per quella di storia si viaggia nella Roma Antica e l’arte si gusta esplorando da vicino la “Notte stellata“ di Van Gogh: così gli ambienti virtuali offrono esperienze immersive altrimenti impossibili e non in solitaria, ma permettendo a docente e compagni di classe di interagire nello stesso ambiente, superando ostacoli fisici e non solo. Tra la Dad, la didattica a distanza, e le lezioni in aula spunta la "terza via" nel segno del metaverso e della realtà aumentata.
A testarla è l’università Cattolica di Milano, con il progetto Metaversity. I risultati della prima fase sono stati presentati - visori agli occhi - nel campus di Milano, durante il seminario “Extended: Il potenziale delle Realtà Estese nella Didattica e nell’Apprendimento”.
Al centro il TeleLab, laboratorio diretto da Giovanni Marseguerra, prorettore al Coordinamento dell’offerta formativa. Qui i ricercatori progettano esperienze formative e immersive ed è nato pure Alec (che sta per Augmented Learning Companion), un agente virtuale 3D in realtà aumentata che supporta e chiacchiera con lo studente: le conversazioni sono basate su un’intelligenza artificiale “addestrata“ in base al materiale del corso. L’app è stata sviluppata dal partner tecnico Magnetic Media Network (Mmn) e supporta sia Apple Vision Pro sia Meta Quest 3. Il progetto è frutto della collaborazione con il Centro Studi e Ricerche di Psicologia della Comunicazione (PsiCom) e con Humane Technology Lab (HTLab), che investiga il rapporto tra esperienza umana e tecnologia.
"L’esperienza della pandemia ci ha insegnato che al centro di ogni innovazione della didattica digitale ci devono essere le persone, non la tecnologia – premette Andrea Gaggioli, coordinatore del progetto Metaversity e direttore di PsiCom –. Quando si progettano ambienti virtuali per la didattica è fondamentale concentrarsi su ciò di cui studenti e docenti hanno realmente bisogno, sulle loro aspettative, sulle loro competenze".
Sotto la lente non solo le opportunità ma anche le criticità. "Tra i principali problemi, oggi, ci sono la limitata disponibilità di contenuti e la necessità di assicurare l’accessibilità e l’inclusività per gli studenti con disabilità fisiche o sensoriali", ricorda Gaggioli. Tra i risultati spicca un nuovo modello di didattica virtuale, il MetaLab: qui, accanto al professore, entra in gioco una nuova figura professionale, l’Immersive Learning Designer. I primi due MetaLabs sono già operativi nel campus milanese della Cattolica.
Il primo sotto l’ala di Psicotecnologie per il Benessere, nella facoltà di Psicologia, il secondo nell’ambito dell’insegnamento Teoria e Tecniche della Comunicazione Mediale, nella facoltà di Lettere. Nel primo, per esempio, "gli studenti di Psicologia fanno esperienza di come questa tecnologia può aiutare la gestione dello stress". Per i ragazzi che studiano comunicazione il metaverso diventa oggetto di studio". L’obiettivo? "Creare un modello esportabile, nelle università così come nelle scuole".