Negri
Quand’ero studente, molto divagante e quasi nullatente, mi piaceva andar per Milano. Con l’appetito di mezzogiorno a stimolare in genere la percezione del mondo. Secondo lo zio Ernesto, un prolungato digiuno, indotto da magre congiunture, faciliterebbe la comprensione dei quadri di pittura informale. Io mi accontentavo di comprendere certe strade, di immaginare storie per ogni via, tipiche o improbabili, in un colpo d’occhio. Lo stradario, anche in letteratura, è importante: uno fra tutti, quello parigino di George Simenon. Gli stradari milanesi non sono da meno, a cominciare dal dedalo di viuzze della vecchia Isola, dove l’ineffabile Laide Anfossi del buzzatiano “Un amore” scarpinava svelta e si eclissava in un suo mistero popolare di case buie. Nel mio caso, ho solo spunti. Per scrivere romanzi bisogna esserne capaci o abbastanza presuntuosi da credersi tali. Il mio stradario è solo una rubrica. Spunti a capo, appunto. Passando in rassegna oggi le vie di Milano che mi si illuminavano di spunti, tutto si va ahimè sfarinando, resta poco di quell’appetito primordiale che appuntava indirizzi e personaggi in cerca d’autore. In via della Signora, per esempio: quella donnetta magra che camminava sempre controsole senza lasciare dietro sé ombra veruna. O in via Cappellari, quell’uomo alto, azzurro di occhi che si accesero con un lampo offuscato, viscido, alla fermata del tram. O le case in demolizione dalle parti di piazza Tricolore: una finestra vuota sembrava aprirsi su un cielo da antivigilia di Natale. O in fondo a via Celoria, dove un gruppo di giovani missionari di Houston entrava in fila indiana in un fantomatico Istituto di Missilistica Interplanetaria. E che dire di via Zebedia? Dovevo avere un appetito davvero importante in quell’ordinario, familiare giorno di pioggia e di chiavi perdute, prima del rebus barocco di piazza Sant’Alessandro e di un assurdo innesto di ricordo praghese. Nella pioggia e nell’odore brusco di farcitura per toast, lei uscì da un portone, guardò il cielo con affettuosa aria di rimprovero. E poi sorrise.