
Il carabiniere alla guida della Giulietta "sarebbe stato in grado" di arrestare l’auto "prima di raggiungere il palo", "nel caso...
Il carabiniere alla guida della Giulietta "sarebbe stato in grado" di arrestare l’auto "prima di raggiungere il palo", "nel caso avesse accentuato l’azione frenante già posta in essere nella fase di immissione nell’area di intersezione". Lo scrive l’esperto Roberto Bergantin, riferisce l’Agi, nella consulenza di parte su incarico degli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli che assistono Fares Bouzidi, il ventiduenne tunisino alla guida del TMax che si schiantò la notte del 24 novembre in via Quaranta dopo un lungo inseguimento.
L’analisi di Bergantin collima con le conclusioni della consulenza dell’ingegnere nominato dai parenti di Ramy Elgaml, il diciannovenne egiziano morto nell’impatto col semaforo, quanto alla tesi di un "doppio urto": "Si conclude che il contatto tra la Giulietta e la Yamaha si concretizzò nel tratto della carreggiata di via Ripamonti compreso tra le vie Pizzi e Quaranta a causa dell’affiancamento e dello spostamento da destra verso sinistra dell’auto. Contatto che ha causato la destabilizzazione del motociclo con conseguente perdita di controllo da parte di Fares Bouzidi, che non fu così in grado di riprenderne il controllo e immettersi in via Quaranta o proseguire diritto lungo via Ripamonti. Affiancamento della vettura alla Yamaha che non ha consentito al motociclista di reimmettersi nella carreggiata di via Ripamonti".
Una ricostruzione diversa da quella dal consulente della Procura, l’ingegnere Domenico Romaniello, che ha escluso un contatto laterale prima dell’incrocio. Per tre motivi: : la "mancata perfetta corrispondenza dei punti di contatto dei danni rilevati sui due veicoli nel caso di accostamento longitudinale"; il "pieno controllo" del TMax da parte di Bouzidi "in ingresso nell’area" dell’incrocio; la velocità di auto e moto nei metri finali.