Milano, 9 agosto 2024 – Ci sono famiglie che non possono puntare il dito su una cartina geografica o su un mappamondo e scegliere liberamente dove andare in vacanza. La meta delle ferie?
Non dipende da un bel mare o dal fascino di borghi e natura, ma da un elenco infinito di altri fattori. Il primo della lista: la presenza di un ospedale pediatrico specializzato nei dintorni. Ma anche la possibilità di avere assistenza domiciliare e il medico che intervenga in caso di necessità, di ricevere le spedizioni dei materiali che servono per la quotidianità, e così via. Sono le vacanze impossibili delle famiglie con bambini - e adulti - affetti da malattie rare e complesse.
Vacanze impossibili come quelle di Roberta, 8 anni, di Milano, affetta da una variante di una malattia già rara, la displasia campomelica acampomelica. Partire diventa un’odissea, “perché spesso alcuni di questi servizi ‘vitali’ per i nostri figli non sono previsti nella regione in cui si trova la località scelta, o come regolarmente succede si incappa nell’ostacolo burocratico, o ancora si verifica un intoppo imprevisto.
E scatta la via crucis di email, telefonate, sfuriate. Noi siamo in vacanza da due giorni e li abbiamo trascorsi fra cellulare e pc”, raccontano all’Adnkronos Salute il papà e la mamma di Roberta, Maria Coppola e Fortunato Nicoletti, rappresentanti di una realtà che supporta le famiglie con disabilità in Lombardia, l’Odv ‘Nessuno è escluso’.
“Noi affrontiamo tutto questo perché nostra figlia possa godersi come tutti la bella esperienza di una vacanza al mare. Ma se già le cose a cui devono pensare famiglie come la nostra sono tante, quando si aggiungono le complicazioni derivanti dal fatto che viviamo in un Paese con politiche per la disabilità nefaste, risulta lampante il motivo per cui poi il 90% di queste famiglie rinuncia a muoversi da casa. Ed è vergognoso che succeda”.
Per capire, occorre fare un salto indietro al momento in cui si pianifica la vacanza. “Noi – spiega Nicoletti – abbiamo scelto un posto in Toscana perché c’è l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze a mezz’ora di viaggio e poi abbiamo la Fondazione Stella Maris, che si occupa di bambini complessi, di fronte alla struttura dove siamo.
L’assistenza
Anche a Pisa c’è un ospedale a cui si può far riferimento, sappiamo che se succede qualcosa ce la caviamo. Dopo la scelta del luogo, la fase delle email. Uno stress che parte mesi prima e che, come nel nostro caso, si traduce spesso in un nulla di fatto”. Prima richiesta assistenza domiciliare: non disponibile.
“Ma la cosa che più mi ha colpito – denuncia Nicoletti – è che nella risposta ricevuta a metà luglio dall’Asst che gestisce la nostra situazione in Lombardia (Santi Paolo e Carlo) si comunica che non avremo nemmeno il pediatra. La motivazione - paradossale - addotta all’Asst dalla struttura locale è che il periodo della nostra vacanza, dal 6 al 19 agosto, è troppo breve. Ci viene detto poi che gli operatori ipotizzano che, se la nostra famiglia ha parenti in zona, si potrebbe teoricamente attivare una collaborazione con il loro pediatra o medico. Quindi se i parenti non ce li hai, problemi tuoi. Assistenza infermieristica? Nemmeno a parlarne”.
“Se vuoi andare in vacanza – accusano i genitori di Roberta – o ti affidi al fato oppure scegli una delle pochissime mete dove avrai un minimo di supporto. Tutto questo ci priva della libertà di spostarsi ed è discriminatorio”. Fra le altre telefonate “preparatorie“ c’è quella al pronto soccorso più vicino per segnalare la presenza di una piccola paziente con problemi complessi, “ma anche all’azienda dell’elettricità perché in caso di blackout o problemi di corrente serve un gruppo elettrogeno per far funzionare macchinari vitali per la bambina”.
Il viaggio
Al momento di fare i bagagli, altro capitolo a parte per disabili gravi e malati rari. “Io mi sposto con un furgoncino – sorride il papà di Roberta – perché devo avere lo spazio per due ventilatori, due aspiratori, sacche, materiali, umidificatore. Tutto questo e molto altro spetta a me, ma al resto dovrebbe pensarci chi ci pensa tutto l’anno. E invece dopo chiamate su chiamate succede che arriva il materiale sbagliato, un latte speciale che usiamo per la nutrizione di nostra figlia. E allora devi cavartela, bruciando giorni di vacanza per trovare una soluzione”.
Perché “chi ha una tracheostomia, e magari pure una peg, per andare in vacanza avrebbe bisogno di noleggiare un tir per trasportare tutti i presidi, gli ausili e il materiale di consumo. Quindi attraverso l’Ats si chiede di far arrivare parte del materiale nel luogo di vacanza e anche qua bisogna affidarsi a tutti i santi perché se nel caso ti arriva tutto nei tempi prestabiliti (difficilissimo), di certo arriverà materiale mancante o errato”, racconta Fortunato.
Nel caso della famiglia di Roberta, delle tre consegne previste il 5 agosto solo una (acqua sterile per il ventilatore) è stata consegnata correttamente. La seconda relativa alla nutrizione è arrivata nei tempi, ma col prodotto sbagliato. E la terza non è proprio arrivata alla data prevista, ma dopo una serie di telefonate la ditta ha fatto la consegna ieri alle 10.
“Per rendere l’idea, di fronte a un intoppo del genere occorre chiamare in fretta e furia la dietista, e ottenere un piano alternativo finché non avviene la consegna. Un errore o ritardo per famiglie come la nostra significa non avere a disposizione prodotti indispensabili, che fanno la differenza fra la vita e la morte. E la cosa che ci fa più arrabbiare è che noi sappiamo come farci valere e riusciamo a risolvere velocemente tutto smuovendo mezzo mondo, ma tutte quelle famiglie che non hanno queste risorse cosa fanno? Sulla disabilità questo Paese ha fallito, e vale per tutti i Governi”. Ma noi – promettono – “non smetteremo mai di combattere”.