Valentina Cortese teneva particolarmente a quel dipinto: alcune fotografie storiche lo ritraggono nel salotto di una delle dimore della diva milanese scomparsa il 10 luglio 2019. Un dipinto commissionato negli anni Cinquanta alla pittrice italo-argentina Leonor Fini, dal dipinto evocativo: “L’Amitié”, l’amicizia in francese. Nel marzo 2022, l’opera datata 1958 fu inserita dalla casa d’aste Il Ponte tra i 301 lotti messi all’incanto in una serata benefica: gli oggetti della collezione dell’attrice furono venduti per 1,3 milioni di euro, devoluti all’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e al Piccolo Teatro. Quella sera, fu proprio l’olio su tela in cornice di legno intagliato a conquistara la palma dell’aggiudicazione più alta: fu acquistato dalla Weinstein Gallery di San Francisco per 250mila euro, partendo da una stima di 6-7mila euro.
Ora si scopre che il passaggio di proprietà è rimasto sub judice per un anno e mezzo; e che solo ieri il Tar ha "liberato" il dipinto, al netto di eventuali ricorsi in Consiglio di Stato. Sì, perché, come si legge nella sentenza che ha dato ragione ai titolari della galleria d’arte californiana, il 28 febbraio 2022, due giorni prima dell’asta, la Sovrintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio della Città metropolitana di Milano ha notificato a "Il Ponte" un documento che li informava dell’avvio del procedimento per la dichiarazione d’interesse storico e storico-relazionale dell’opera. Un procedimento che si è concluso il 4 agosto 2022 con il decreto del Ministero dei Beni culturali che ha sancito l’importanza del capolavoro di Fini per il patrimonio artistico italiano e negato l’autorizzazione al trasferimento all’estero.
Nella relazione sul dipinto, i tecnici hanno evidenziato "l’altissima qualità esecutiva dell’opera, la vastissima bibliografia che la riguarda, la sua importanza all’interno della produzione dell’artista, il suo valore di testimonianza del rapporto amicale tra l’artista e l’attrice milanese, l’appartenenza alla collezione personale di un’autentica e originale protagonista della cultura teatrale e cinematografica italiana e internazionale del Novecento, nonché la rarità di dipinti degli anni Cinquanta della pittrice annoverati in collezioni pubbliche italiane". Una linea contestata dalla Weinstein Gallery con un ricorso al Tar che alla fine ha avuto successo. Secondo i legali della società americana, né il decreto né la relazione avrebbero dimostrato in che modo quell’opera rappresenti o aiuti a ricostruire "il rapporto d’amicizia tra Fini e Cortese né soprattutto sul perché “L’Amitié” ne sia il riflesso ovvero abbia valore “testimoniale”".
E ancora: "Il fatto che sul finire degli anni Cinquanta Cortese avesse commissionato alla Fini un doppio ritratto nulla dice di specifico sul presunto rapporto di amicizia che l’opera vincolata dovrebbe dimostrare, posto che la circostanza è compatibile con l’attività di collezionista della committente". Del resto, hanno aggiunto, "a ragionare diversamente si finirebbe per ritenere d’interesse culturale qualsiasi bene artistico posseduto da una persona nota o insigne, accontentandosi peraltro di una motivazione non adeguata". Conclusione: "Evidenziare il pregio artistico, la rarità e la qualità esecutiva dell’opera all’interno di un provvedimento di vincolo relazionale senza effettivamente dimostrare il rapporto interpersonale tra le grandi artiste, né la rappresentatività del dipinto in ordine a tale legame rende evidente che l’amministrazione ( il Ministero, ndr ) abbia reso una motivazione fuori segno, volta a vincolare ciò che altrimenti non avrebbe potuto". Tradotto: “L’Amitié” può volare oltre Atlantico.