GABRIELE MORONI
Cronaca

Il “romanzo criminale” Vallanzasca, non è finita. Ora serve l’invalidità civile per uscire dal carcere: “Manteniamo una belva”

Il 14 ottobre una commissione medica valuterà la salute dell’ergastolano. Col via libera anche una pensione: pagherebbe parte delle spese in Rsa. Il fratello di una delle sue vittime: “Dov’era lo Stato quando uccideva?”

Renato Vallanzasca accompagnato a un’udienza in Tribunale: soffre di demenza

Renato Vallanzasca accompagnato a un’udienza in Tribunale: soffre di demenza

Milano, 5 ottobre 2024 – ​ Referti su referti attestano che il suo è uno stato di demenza, di assoluta incoscienza di sé, del suo passato violento, della pena che sconta, quattro ergastoli per un totale di 295 anni di carcere. Ma per Renato Vallanzasca, 74 anni di cui 52 trascorsi in cella, non è ancora il momento in cui potrà lasciare la casa di reclusione di Bollate per essere accolto e assistito all’Opera di Provvidenza Sant’Antonio, nell’hinterland di Padova. Per il suo trasferimento la normativa sanitaria richiede per il vecchio bandito la dichiarazione di invalidità civile. Per questo, il 14 ottobre, Vallanzasca verrà visitato da una commissione. Una volta riconosciuto come invalido, potrebbe richiedere un trattamento pensionistico con cui coprirebbe, almeno in parte, le spese nella struttura padovana.

Renato Vallanzasca in tribunale a Milano durante l'udienza del processo in cui è accusato di rapina impropria per aver rubato in un supermercato
Renato Vallanzasca in tribunale a Milano durante l'udienza del processo in cui è accusato di rapina impropria per aver rubato in un supermercato

Il tempo non ha ovattato il dolore, non ha attenuato la rabbia. Dolore e rabbia nelle parole di Alberto Barborini, fratello di Renato, l’appuntato della polizia stradale caduto, insieme con il maresciallo Luigi D’Andrea, il 6 febbraio 1977. I due poliziotti hanno fermato a un posto di blocco al casello di Dalmine l’auto su cui viaggiano Renato Vallanzasca, Antonio Furiato e Michele Giglio. I tre sparano, gli agenti rispondono al fuoco. Muoiono D’Andrea e Barborini, i fuorilegge lasciano sul campo Furiato. Vallanzasca, ferito, verrà catturato a Roma il 15 febbraio. “Le cose - dice Alberto - che fanno male sono tante. Vedere quell’individuo in televisione, sentirlo dire che lui non sparava per primo, che non sparava alle spalle. Non è vero. D’Andrea è stato colpito alle spalle, lo ha detto l’autopsia. E poi sentire che non ha motivo di chiedere scusa perché un poliziotto sa cosa rischia. Quello che mi fa ancora più male è lo Stato. Quando sono morti mio fratello e D’Andrea, quello aveva già delle condanne, aveva già ucciso. Se fosse stato fermato, degli innocenti si sarebbero salvati. Mi chiedo: dov’era lo Stato mentre quello uccideva?”.

"Paghiamo le tasse per una belva”

Vallanzasca lascerà il carcere, è malato. “Non credo assolutamente che sia in queste condizioni. So solo che io e tutti gli italiani dovremo continuare a pagare le tasse per mantenere una belva”. I ricordi, dolci, strazianti. “Avevo quattordici anni e due fratelli più grandi, uno maggiore di quindici anni, e Renato, maggiore di tredici. I nostri genitori avevano preso una portineria in un grosso condominio a Folgarida, in provincia di Trento. Era una domenica. Aiutavo i miei. “Adesso basta - mi ha detto mia madre -, va’ a sciare”. Ci sono andato. Ho sentito l’altoparlante che chiamava Barborini Alberto. Ho pensato a mio padre e a mia madre. In casa c’erano già tante persone.

“Un piccolo incidente a Renato, niente di grave. Vatti a cambiare. partiamo”, mi hanno spiegato. La mamma aveva avuto come una premonizione: alle 9.50, la stessa ora a cui succedeva il fatto, le era venuto una specie di mancamento. Alla radio si parlava di due poliziotti uccisi a Dalmine. Ricordo il grido di mia madre e mio padre che provava a tranquillizzarla: “Ma dai, figurati se è Renato”. Sono arrivati i carabinieri. Anche loro hanno cercato di rassicurarci. Ma ormai avevamo capito. Mia madre ha avuto un infarto, è rimasta per due giorni tra la vita e la morte. Ha rivisto suo figlio poco prima che chiudessero la bara”.