Renato Vallanzasca va curato fuori dal carcere. Parola dei medici del penitenziario di Bollate

In una relazione, acquisita dai suoi legali, si legge che l'ambiente "carcerario" è "carente nel fornire" le cure di cui ha bisogno. Andrebbe trasferito in un "ambito residenziale protetto"

Renato Vallanzasca in tribunale a Milano in una foto di archivio

Renato Vallanzasca in tribunale a Milano in una foto di archivio

Bollate (Milano), 19 giugno 2024 – Renato Vallanzasca andrebbe curato fuori dal carcere. Lo mettono nero su bianco i medici del penitenziario di Bollate. In una relazione, acquisita dai suoi legali, gli avvocati Corrado Limentani e Paolo Muzzi, si dice che l'ambiente "carcerario" è "carente nel fornire" le cure di cui ha bisogno e gli "stimoli cognitivi" e per questo andrebbe trasferito in un "ambito residenziale protetto", in un "luogo di cura esterno", data la sua "patologia".

I medici fanno riferimento alle condizioni di salute di Renato Vallanzasca, 74 anni, ex protagonista della mala milanese degli anni '70 e '80 e che ha già trascorso oltre mezzo secolo di vita da detenuto. Gli avvocati Limentani e Muzzi puntano a presentare una nuova richiesta di differimento pena, con detenzione domiciliare in una struttura adatta, per motivi di salute per Vallanzasca, dato che da tempo, anche attraverso il lavoro di propri consulenti, lamentano che il 74enne non possa più stare in carcere, perché soffre di un decadimento neurologico e cognitivo.

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I medici di Bollate, hanno spiegato i difensori di Renato Vallanzasca, "dicono che non può più stare là, che ha bisogno di una struttura esterna e noi stiamo individuando un ente dove possa essere trasferito e quando l'ente ci darà l'ok faremo l'istanza ai giudici". 

Oggi Vallanzasca è arrivato in udienza davanti ai giudici della Sorveglianza, perché di recente gli sono stati revocati i permessi premio per frequentare una comunità, dove andava almeno una volta alla settimana. La difesa ha presentato un reclamo contro il provvedimento, che si discute oggi. Per la Sorveglianza le sue condizioni fisiche e psichiche sono tali che quella comunità non gli può garantire l'assistenza necessaria, ma secondo i suoi difensori in quel luogo c'è, invece, assistenza e gli è utile comunque per alleviare il decadimento delle condizioni di salute. Dopo l'udienza sul reclamo, i giudici (togati Di Rosa e Caffarena) decideranno nei prossimi giorni se accogliere o meno il ricorso difensivo e permettere a Vallanzasca di frequentare un ente esterno con permessi premio.

Per seguire l'udienza davanti al Tribunale di Sorveglianza è arrivato anche un "imprenditore volontario", una sorta di "angelo custode che gli dà sempre una mano", hanno spiegato i legali. Se gli verranno concessi di nuovo i permessi premio, tra l'altro, potrebbe andare nella struttura individuata dai legali qualche volta a settimana, per poi trasferirsi là se sarà accolta l'istanza di detenzione domiciliare. "Ha bisogno di interagire", hanno ribadito i legali del 74enne, che ha il cosiddetto "fine pena mai". I consulenti della difesa, psicologi e neurologi (Zago, Preti e Sciacco), parlano di un "quadro cognitivo e comportamentale deficitario", di un "processo neurodegenerativo irreversibile".

Nel maggio dello scorso anno, su istanza degli avvocati, il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva concesso nuovamente i permessi premio per frequentare la comunità terapeutica, revocati qualche mese prima. Poi, a marzo è arrivato arrivato il nuovo stop dal giudice. A fine maggio 2023 era stata respinta anche la richiesta dei difensori di differimento pena, con detenzione domiciliare. Da almeno quattro anni, aveva evidenziato la difesa sulla base di consulenze, soffre di un decadimento cognitivo e la detenzione in carcere stanno aggravando le sue condizioni. La difesa ha anche attivato un procedimento per arrivare alla nomina per Vallanzasca di un amministratore di sostegno, figura che tutela quelle persone che, a causa di infermità, non possono provvedere ai propri interessi.