Vanzago, 24 luglio 2024 – Al momento sono accuse, ma il campionario è tale da far venire i brividi. Emergono dettagli inquietanti dall’ordinanza firmata dal gip del tribunale di Milano che ha portato a indagare la titolare di un asilo nido di Vanzago, nel Milanese, e due sue collaboratrici. Per loro l’accusa è maltrattamenti aggravati nei confronti dei piccoli ospiti.
Gli abusi
Non solo piccini strattonati fino a spaventarli e presi per le orecchie o per i capelli, ma anche un bimbo lasciato piangere, chiuso al buio in uno sgabuzzino privo di finestre tra detersivi, aspirapolvere e materiale per le pulizie.
Oppure un altro di sei-sette mesi, allacciato a un passeggino con la cinghia di sicurezza, lasciato in lacrime in un bagno senza nemmeno una feritoia per far passare un po' di luce.
Queste alcune delle contestazioni rivolte alla titolare del nido, già raggiunta nel 2022 da una misura interdittiva (dopo le segnalazioni di alcune stagiste riguardo altri presunti maltrattamenti sugli allievi), e a due educatrici al lavoro nella struttura. Il giudice Giulio Fanales, nella sua ordinanza, si è basato su testimonianze riscontrate da intercettazioni raccolte nell'indagine coordinata dal pm Maria Cardellicchio e condotta dai carabinieri.
Le vittime, secondo gli accertamenti, sarebbero 35. Vittime ma anche testimoni delle angherie (“costanti abusi fisici e verbali”, queste le parole del gip) esercitate nei confronti dei piccoli compagni.
Chiuso al buio
Fra i tanti il provvedimento riporta un episodio del settembre del 2023. A parlarne al telefono qualche giorno dopo, è stata una delle indagate con una collega: "io non ti ho mai raccontato quello che è successo prima che arrivassi". E le ha spiegato di un bimbo "chiuso nello sgabuzzino (...) lì sotto chiuso dentro... che questo qua continuava a scalciare...metti caso che scalciava e buttava giù qualche...scatolone che gli andava in testa".
Tra le varie vessazioni e umiliazioni, oltre alle urla, anche piccini abbandonati sul vasino per mezz'ora con la scusa che dovevano imparare a far pipì, oppure lasciati sporchi senza cambiar loro il pannolino. E ancora "confinati su un seggiolone" e nessun intervento per calmarli se piangevano a dirotto.
La preoccupazione
La responsabile della struttura dettava la linea alle collaboratrici, chiedendo di tacere sulle ovvie reazioni dei bimbi a fronte delle violenze. Nel timore di poter perdere allievi. “Se alle madri gli viene detto che piangono e di conseguenza pensano che anche il giorno dopo piangono e che è sempre così – dice la donna – si sentono in colpa di conseguenza poi va a finire che li ritirano, glieli danno ai nonni e prendono la baby sitter a casa".
È, questo, il contenuto di un’intercettazione fra la dirigente e una delle educatrici che si stava giustificando spiegando di non essere riuscita a fare delle foto ai bambini perché "piangevano tutti, quindi ci siamo concentrati sui bambini che piangevano".