Milano, 11 febbraio 2023 - Le foto invadono il tavolo centrale e raccontano di una vita felice. Piena di amore. Lo stesso che ti investe letteralmente quando fai capolino nella sala stracolma del Teatro Leonardo di via Ampere 1. Sono da poco passate le 15, il funerale laico di Veronica Francesca D’Incà è già in corso: sul palco si alternano i racconti di familiari e amici, inframezzati dal suono dei violini e dei contrabbassi. Ognuno ha un aneddoto da condividere, un ricordo da ripescare nella mente, un pezzo di esistenza trascorso insieme alla manager trentottenne travolta alle 14.30 del primo febbraio scorso da un camion di una ditta di traslochi all’angolo tra piazzale Loreto e viale Brianza mentre stava pedalando in sella alla sua bicicletta.
Travolta vicino a casa
Un ragazzo legge la traduzione in italiano del testo di Concrete Jungle di Bob Marley: "Oggi sulla mia giornata non splenderà il sole. La gialla luna piena non uscirà a fare la sua parte. Ho detto che l’oscurità ha oscurato la mia luce. E la mia giornata è divenuta notte. Dove si può trovare l’amore? Qualcuno me lo dirà? Poiché la vita deve essere altrove. E non in una giungla d’asfalto. Dove vivere è più difficile". Già, la "giungla d’asfalto", quella da cui "Vero" è stata fagocitata all’improvviso e senza possibilità di scampo, non lontano dall’abitazione di via Padova in cui viveva con il compagno e una figlia di pochi anni.
L'ultimo saluto
La stessa "giungla" costata la vita pure a B.A., la novantacinquenne investita qualche minuto prima di mezzogiorno di ieri da un furgoncino in retromarcia in viale Fermi angolo Valassina, a due passi da casa sua. Un altro incidente mortale, l’ennesimo di una serie che non sembra avere fine, avvenuto proprio negli stessi minuti in cui la grande famiglia di Veronica si stava ritrovando all’obitorio civico di via Ponzio per accompagnare la salma verso l’ultimo saluto in teatro.
500 persone nel teatro
Un teatro gremito, con cinquecento persone a riempire completamente le poltrone della platea. Davanti all’ingresso centrale campeggia un primo piano della trentottenne, con il suo sorriso che chi la conosceva bene definirà più volte "complice". Per gli amici più cari, Veronica era la persona a cui citofonare per un rifugio sicuro: "Quante volte l’abbiamo fatto?", si chiede uno di loro, riuscendo a fatica a trattenere le lacrime.
Il ritratto di "Vero"
Era quella sempre pronta ad aiutarti nei momenti più difficili. Quella che ti mandava un messaggio di incoraggiamento quando più ne avevi bisogno. Quella che provava a scherzare anche quando c’era poco o nulla da ridere. E chi è rimasto a piangerla ha voluto renderle omaggio proprio così: recuperando dalla memoria le storie più divertenti, le battute più spiazzanti, i viaggi più indimenticabili. Tristezza e commozione sì, è inevitabile, ma allo stesso tempo tanta voglia di stare insieme per condividere un dolore piombato sulle teste e nei cuori senza alcun preavviso, in un tranquillo pomeriggio di metà inverno.
Lacrime e carezze
Ogni intervento è una carezza. E sono davvero tanti. E tante. Una poesia. Una frase presa in prestito da un libro. Poche parole pronunciate a fatica, singhiozzando, a braccio o leggendo da un foglio che trema tra le mani: "Buon viaggio Vero". Tra qualche tempo, la bambina che in queste ore ha potuto soltanto percepire quello che le stava accadendo attorno riguarderà il video della cerimonia e scoprirà chi è stata sua madre.