Anastasio
Sarà il sindaco o l’assessore al Bilancio di questo o quel Comune a decidere quante ore di assistenza debbano essere garantite ad uno studente con disabilità nell’anno scolastico in arrivo? A porsi la domanda sono diverse famiglie e associazioni della disabilità. Il registro è polemico, ovviamente. Ma la risposta è meno scontata di quanto lo fosse fino ad un mese fa. Tutta colpa di una sentenza controcorrente, rispetto alle precedenti, e contraria ad ogni legittima aspirazione alla certezza del diritto. Il riferimento è alla sentenza numero 7089 della terza sezione del Consiglio di Stato, pubblicata il 12 agosto scorso. In sintesi, i giudici hanno stabilito che le ore di assistenza scolastica garantite ad un alunno con disabilità possono essere dimezzate rispetto a quelle indicate dalla stessa scuola nel Piano Educativo Individualizzato (PEI) qualora il Comune competente ritenga di non avere abbastanza soldi per farvi fronte. I giudici hanno prima operato una distinzione decisamente discutibile, almeno dal punto di vista didattico e formativo, tra le ore di sostegno e le ore di assistenza scolastica alla comunicazione e all’autonomia sostenendo che le prime non possono essere ridotte, mentre le seconde sì. A quel punto ne hanno autorizzato il taglio in base al concetto di "accomodamento ragionevole" previsto dalla Convenzione dell’Onu sui diritti delle persone con disabilità. Detto altrimenti, hanno stabilito che nel caso in questione il costo dell’assistenza scolastica fosse "eccessivo e sproporzionato" rispetto alle disponibilità di cassa del Comune.
Da qui un paio di domande. Chi decide quale sia la soglia di costo oltre la quale si può sacrificare un diritto fondamentale quale quello alla scuola e all’inclusione scolastica (ammesso che i due diritti possano essere concepiti come separati)? E sulla base di quali criteri si decide l’entità del taglio da apportare alle ore? Stando alla sentenza del Consiglio di Stato la risposta è una sola: a decidere è il sindaco o l’assessore al Bilancio del Comune in questione qualora ritengano di dover risparmiare risorse. Assurdo, ma vero. Da qui, allora, la protesta delle famiglie e delle associazioni della disabilità. E una richiesta su tutte: si intervenga per rettificare questa sentenza e ristabilire la certezza del diritto alla scuola e all’inclusione scolastica (sempre ammesso che possano essere separati), diritti che nella prassi sono spesso riconosciuti ad intermittenza agli alunni con disabilità. Come anticipato, quella di agosto è una sentenza controcorrente rispetto alla giurisprudenza consolidata. Mariella Tarquini e Manfredo Piazza, nell’ordine presidente e avvocato della Rete SupeRare, vi oppongono la sentenza emessa nel 2023 dalla settima sezione del Consiglio di Stato. In questo caso i giudici hanno preservato le 33 ore settimanali di sostegno (comprensive di 8 ore di assistenza specialistica) previste nel PEI di un bambino con disabilità e respinto le ragioni del Comune. Questa sentenza mette in chiaro che "l’unico organo competente per la redazione del piano" educativo è il Gruppo di Lavoro Operativo per l’inclusione (GLO) della scuola, marginalizzando il ruolo dei Comuni invece esaltato dalla sentenza di agosto, e che "le esigenze di uniforme trattamento su base nazionale del fenomeno della disabilità" soverchiano l’"autonomia degli enti locali". "Rispetto alle medesime esigenze – si legge nella sentenza – sono quindi destinate a recedere le ragioni di ordine organizzativo e finanziario prospettate dall’amministrazione" comunale che ha fatto ricorso. Non è finita, però. o, Laura Andrao, legale specializzata nella tutela dei diritti delle persone con disabilità, a luglio ha a sua volta ottenuto sia dal Tar dell’Emilia Romagna sia dallo stesso Consiglio di Stato una sentenza di segno opposto rispetto alla 7089. I giudici del Tar hanno bocciato i tagli del Comune di San Clemente (Rimini) e riconosciuto il diritto di due fratellini di 11 e 7 anni, entrambi sordi dalla nascita, di avere al loro fianco non solo il docente di sostegno ma anche l’Assistente alla Comunicazione Lis (Lingua dei Segni Italiana) per 27 ore alla settimana. In secondo grado il Comune ha perso anche di fronte al Consiglio di Stato. "In questo caso – spiega Andrao – i giudici hanno stabilito che la disponibilità dell’assistente alla comunicazione debba essere qualificata come strettamente necessaria ad assicurare quel nucleo invalicabile di garanzie minime che rendono effettivo il diritto fondamentale alla scuola, il quale non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali". Quanto alla sentenza 7089, Andrao evidenzia un punto di carattere universale: "L’accomodamento ragionevole viene snaturato del suo obiettivo se interpretato in favore non della persona con disabilità ma della pubblica amministrazione". Ed un aspetto specifico: "Nella fattispecie ha inciso che la disabilità non fosse grave".
La richiesta, però, è unanime. "Non si può chiedere a chi ha diritto ai servizi annessi al diritto allo studio di restare appeso alle oscillazioni della giurisprudenza per vedersi accordata una tutela di rango costituzionale – attaccano Tarquini e Piazza, della Rete SupeRare –: per garantire tali diritti occorrerà, da un lato, attendere il prossimo precedente al Consiglio di Stato per chiedere che si pronunci l’Adunanza Plenaria e sperare che si ristabilisca l’orientamento favorevole della settima sezione (è quanto ha auspicato anche Alessandra Locatelli, ministro alla Disabilità ndr), occorrerà seguire strade giurisdizionali che hanno già dato risultati positivi anche davanti al giudice ordinario ma, dall’altro, sarà necessario un intervento legislativo di carattere strutturale".