Un seme è stato gettato, perché una delle sorelle di Carlo La Catena, Raffaella, è diventata a sua volta vigile del fuoco. Lavora negli uffici della Direzione regionale Campania a Napoli, dove è entrata in organico 17 anni dopo la strage, grazie a un percorso stabilito dal ministero dell’Interno per i parenti delle vittime del terrorismo.
“Ha deciso di seguire le orme di Carlo – spiega il marito, Nicola Perna, commercialista e presidente dell’associazione fondata dai genitori del pompiere ucciso – ma ha dovuto attendere 17 anni, mentre lo stesso percorso è stato precluso alle altre sorelle“. Nicola Perna ricorda il volo speciale organizzato per accompagnare a Milano i parenti di La Catena, originario di Napoli.
“Siamo arrivati in via Palestro la mattina del 28 luglio 1993, alle 7 – racconta – ed era come un campo di battaglia. Gli alberi erano completamente forati dalle schegge, sembravano piangere anche loro per quella strage. Era tutto distrutto". Poi il trasferimento all’obitorio, per il riconoscimento della salma del cognato, il più giovane della famiglia, con quattro sorelle maggiori.
“Era un giovane altruista e generoso – racconta Perna – ed eravamo molto legati. Aveva un fisico da culturista, a 25 anni era nel pieno della vita“. Dopo la tragedia i genitori, che gestivano una piccola attività a Napoli nel commercio di carni, hanno deciso di creare l’associazione Carlo La Catena, che per trent’anni ha promosso progetti e iniziative per la legalità, conferendo anche premi dedicati alla memoria dei Vigili del fuoco uccisi.
"Non vogliamo che il sacrificio di Carlo e delle altre vittime cada nell’oblio – sottolinea Perna –. L’arresto di Matteo Messina Denaro è una tappa importante, ma è inconcepibile che abbia potuto trascorrere indisturbato una latitanza così lunga. Sulla stagione delle stragi non è ancora emersa tutta la verità, necessaria per poterci definire un Paese veramente libero e democratico“. Il testimone di Carlo La Catena, intanto, è passato alla sorella Raffaella.