"C'è stata l'esplosione. Poi sono stato investito dall’onda d’urto, impressionante, che ricordo come se fosse ieri. Ho fatto un volo di quasi cinquanta metri, era come un tornado". Massimo Salsano torna con la memoria alla sera del 27 luglio di trent’anni fa in via Palestro, e a una scena dell’orrore impossibile da cancellare. “Quando mi sono rialzato ho visto La Catena senza la calotta cranica – racconta – Pasotto non aveva più le gambe. Poi ho perso conoscenza".
Salsano, lei era uno dei più giovani della squadra.
"Io e La Catena eravamo stati assunti da poco. Ero orgoglioso di indossare la divisa e di essere approdato a un comando importante come quello di Milano“.
Qual è il suo ricordo di quella sera?
"Quella sera eravamo usciti per un intervento. Una donna delle pulizie era rimasta intrappolata nell’ascensore di un palazzo. Terminata l’operazione, siamo tornati in caserma. Non sapevamo che circolassero voci di attentati ai beni culturali e che il comitato per la sicurezza avesse lanciato l’allarme. È arrivata la richiesta d’intervento e siamo andati in via Palestro. Non ho visto fiamme che uscivano dall’auto ma solo fumo. Io aprii il portellone destro per far uscire il fumo, che si dileguò. I colleghi aprirono anche il cofano, c’era un oggetto di forma cilindrica avvolto da nastro adesivo, aveva l'aspetto di un bidone dell’immondizia. Picerno disse a un altro collega: “C’è una bomba“. Subito dopo mi disse: “Salsano e Maimone, andate ad allontanare i curiosi e fate sicurezza attorno alla zona“. Ci siamo attivati per allontanare le persone. Poi ci fu l'esplosione. Ricordo un fascio di luce biancastra fino al cielo, e un silenzio assoluto".
Che cosa avvenne in seguito?
"Chi si trovava nei pressi del Pac è morto. La mia fortuna è stata di essermi allontanato di una decina di metri. A causa dell'onda d'urto ho fatto quasi cinquanta metri di volo, mi sono sentito come un fuscello spazzato via da un tornado. La presenza del porfido mi ha permesso di scivolare con le mani avanti. Quando mi sono alzato ho visto La Catena senza la calotta cranica, Pasotto non aveva più le gambe. Era come una scena di guerra, le fiamme erano altissime. Poi ho perso conoscenza, quando mi sono risvegliato ero all'ospedale San Paolo".
Come è cambiata, da allora, la sua vita?
"È un evento che mi ha segnato per tutta la vita, impossibile da rimuovere, e per noi sopravvissuti è stata dura. Per questo ho cercato di capire il motivo per cui accadde, anche perché siamo gli unici Vigili del fuoco coinvolti in un attentato terroristico. Inizialmente hanno rifiutato una mia domanda di trasferimento, questo mi ha ferito ma ho continuato a fare il mio lavoro con dedizione. Mi tengo stretta la medaglia d’argento ricevuta nel 1993 e successivamente la medaglia d’oro conferita dal presidente della Repubblica".
Che memoria resta, delle stragi mafiose, tra i più giovani?
"Io ho due figli. Quando erano piccoli cercavo di minimizzare, ma poi hanno iniziato a fare domande e gli ho raccontato a lungo quello che è successo. La città di Milano non ha dimenticato, e non deve dimenticare. Ho provato un senso di liberazione per l’arresto di Matteo Messina Denaro - potenzialmente potrei costituirmi parte civile contro di lui - anche se penso che sulla stagione delle stragi ci siano ancora molti aspetti rimasti nell’ombra”.