Milano, 28 agosto 2019 - «Non vi è luogo a provvedere». Sei parole per mettere probabilmente la pietra tombale sulla battaglia al secondary ticketing e alle pratiche scorrette nella commercializzazione di biglietti per eventi musicali e sportivi. Con una delibera del 26 agosto, l’Antitrust ha preso atto del recente verdetto del Consiglio di Stato sul sito Viagogo e bloccato la nuova procedura che avrebbe potuto concludersi con una nuova stangata, fino a un massimo di 5 milioni di euro, e con la sospensione dell’attività fino a 30 giorni. Ripartiamo dall’inizio. Dall’aprile del 2017, quando l’Autorità garante della concorrenza e del mercato commina una maxi multa (poi annullata dal Tar del Lazio) da un milione alla società TicketOne, accusata di non aver vigilato sugli acquisti multipli dei tagliandi per concerti come quello di Bruce Springsteen a San Siro di tre anni fa: «Da un’analisi effettuata nel maggio 2016 – si legge nel provvedimento – risulta accertato che circa 15-25 persone, alle quali sono riconducibili circa 80-150 account, hanno acquistato circa 15.000-22.000 biglietti per un controvalore di circa 800.000-1.400.000 euro per vari hit events nel 2015 e nel primo trimestre 2016».
Non basta. Nel mirino finiscono pure i siti di secondary ticketing, che offrono piattaforme web a coloro che vogliono rivendere i ticket precedentemente acquistati: 300mila euro a Viagogo (poi saliti a un milione per altre violazioni identiche nel 2017), 210mila a Ticketbis, 190mila a Seatwave e 20mila a My Way Ticket. In particolare, agli svizzeri di Viagogo Ag viene contestato di aver veicolato sulla homepage «contenuti pubblicitari ingannevoli o comunque omissivi» in relazione a elementi essenziali quali «la natura del professionista, le caratteristiche principali del servizio offerto, il relativo prezzo finale, nonché la scarsità del bene». I legali della società impugnano la decisione al Tar del Lazio, che respinge l’istanza. Nel frattempo, il lavoro dell’Antitrust va avanti. Il 22 febbraio 2019, i tecnici effettuano nuovi controlli sulla piattaforma e riscontrano gli stessi problemi: dalla mancata indicazione del «valore facciale» del biglietto (cioè il prezzo originario del tagliando rimesso in vendita) alla mancata indicazione del posto a sedere, «nei casi in cui questa sia invece prevista nel biglietto posto in vendita».
Tradotto: ci sono i presupposti per comminare una nuova sanzione per recidiva. Qualche mese dopo, a giugno, arriva però la sentenza di secondo grado della giustizia amministrativa: il Consiglio di Stato stabilisce che Viagogo non ha l’obbligo di rendere note le informazioni su prezzo iniziale e posto a sedere, essendo un sito di intermediazione («hosting provider» in gergo) e non un protagonista attivo della compravendita. Conclusione: tutto bloccato. Sia la multa da un milione che quella in arrivo, ben più salata.